SPIDER-MAN:
SEASON TWO

di Michele "Mickey" Miglionico

Introduzione
Questo è il secondo story-arc dell'Uomo Ragno scritto da me. Sto impostando la serie quasi come un serial televisivo, ecco spiegata la suddivisione in cicli e stagioni (season). Ogni stagione sancisce un nuovo status quo nella serie. All'inizio c'erano Peter e zia May. Adesso, Peter, la piccola May, Ben Reilly/Kaine e Anna Watson. E vedrete alla fine di questa "seconda serie" come cambierà ulteriormente la situazione.

Capitolo settimo
LA COSPIRAZIONE - prima parte

TriCorp Research Foundation. Pomeriggio inoltrato.

Erano passate poche settimane dall'arresto di Norman Osborn (ossia Goblin), ma a Peter Parker erano sembrati secoli. In effetti, ne erano successe di cose. Un processo-lampo al magnate dell'economia, per condannarlo sul patibolo dell'opinione pubblica. La struggente storia di come Osborn avesse manipolato la vita dei Parker aveva toccato anche gli animi meno sensibili, e la condanna alla reclusione nel manicomio criminale Ravencroft era sembrata una pena fin troppo lieve per Goblin, che aveva raggirato il popolo newyorkese con la sua falsa filantropia.

Peter era abbastanza contento. Certo, nell'ultimo mese aveva celebrato il secondo funerale di zia May  (quello per il clone) e aveva affrontato l'evidenza della morte di Mary Jane (grazie all'aiuto di Ashley Kafka, la sua psicoterapeuta). Ma in compenso aveva ricevuto un assegno con molti zeri come risarcimento per i danni morali, sua figlia May era con lui adesso e poteva trascorrere la vita insieme a lui; anche il suo fratello putativo Ben Reilly era tornato, anche se naturalmente pochi ne erano al corrente. E la ricerca che stava intraprendendo con il dr. Octopus alla TriCorp si era svolta con una velocità incredibile, raggiungendo praticamente l'obiettivo in un tempo record.

- Un ultimo test e potremo verificare se abbiamo realizzato la svolta più importante nella storia della medicina - commentava Otto Octavius, mentre fissava lo schermo di un terminale con attesa spasmodica.
- Non ci credo sia potuto succedere... il merito è tutto tuo, senza di te sarei a un punto morto - ammise Peter.
- E' qui che ti sbagli. E' grazie ai dati di Osborn che siamo arrivati fin qui... ma in ogni caso ci volevano due menti geniali per elaborare un tale materiale sulle biotecnologie. La tua conoscenza della biochimica è stata fondamentale. A proposito, hai contattato le cavie?
- Sì, non è stato difficile. Per fortuna ormai Twaki mi tratta con i guanti, dopo il processo Osborn, e ci ha dato carta bianca per la sperimentazione.
I risultati sperati arrivarono.
- Sì! Allora possiamo cominciare... - esultò Otto.
- Segniamoci questa data.... - suggerì Peter, mentre si sfilava il camice per uscire dal laboratorio, per tornare da sua figlia.  

Dimora del senatore Ward, nello stesso istante.

Il senatore stava rimuginando sul da farsi al buio, fissando la città al di fuori della sua finestra. Il suo piano era prossimo alla conclusione e sperava che gli intoppi fossero finiti. Anche se i Sinistri Tre avevano fallito nell'omicidio dell'Uomo Ragno, sarebbe andato avanti. Ma le cattive notizie non tardano mai ad arrivare.
Un suo assistente entrò nella lussuosa camera in cui era, dicendo: 
- Senatore, abbiamo un grosso problema che potrebbe compromettere tutto.
- Parlamene - rispose con falsa freddezza.
- Dagli ultimi controlli della N.S.A. [National Security Agency], è risultato che Peter Parker e Otto Octavius della TriCorp Research Foundation hanno sviluppato qualcosa capace di annientare il cancro nero.
- Cosa? Com'è possibile? Otto vuole salvarsi, eh? Comunque voglio sapere tutto su questo Parker, entro domattina. E occupatevi del loro laboratorio prima possibile, dopo aver confermato tutto. Voglio un quadro completo della situazione.  

Manhattan, casa di Peter Parker. Sera.
Con molta vivacità la piccola May Parker accolse il ritorno del padre a casa.
- Ciao, Peter - gli dissero con un'unica voce roca Ben Reilly e Kaine. Da quando le due menti condividevano lo stesso corpo in degenerazione, avevano deciso di dimostrare la svolta tagliando i capelli e ossigenandoli, come aveva fatto Ben nella sua precedente vita. Ma questo non avrebbe fatto dimenticare il retaggio di Kaine: allo specchio, il volto deturpato era lo stesso. Fortunatamente l'innocenza di May trasaliva queste mere questioni fisiche, consentendole di avere un ottimo rapporto con il suo bizzarro babysitter.
- Ben, una notizia bomba... - gli annunciò Peter con May tra le braccia - domani inizia la sperimentazione. Se tutto va bene...
Kaine trasalì per l'emozione. 
- ... potremo tornare normali - concluse.
- Sì. Ma non facciamoci illusioni. Domani si vedrà. E a proposito, dovremo chiamare la baby-sitter. Zia Anna è tornata in Florida, e domani May rimarrebbe sola. Ma ora basta... ho solo voglia di giocare con questo scricciolo! - disse prendendo in braccio sua figlia e sollevandola per aria.

 

Dimora del senatore Ward, mattino presto.

Come qualche ora prima, il senatore era nella sua personale "stanza ovale" ad esaminare del materiale, ma senza riuscire a concentrarsi. Sapeva che il progetto di Parker e di Octopus, una volta diffuso, avrebbe compromesso tutti i suoi piani con loro, e per questo dovevano anticipare tutto in gran fretta. Il suo più affidabile assistente entrò portando con sé informazioni fondamentali.
- Senatore, ecco il dossier che aveva chiesto su Peter Parker. La National Security Agency ha fatto un ottimo lavoro... microfoni a distanza, immagini satellitari... guardate cosa è venuto a galla.
Quando il suo collaboratore gli porse un fascicolo, Ward rimase molto perplesso.
- Devi esserti sbagliato. Questo è il fascicolo sull'Uomo Ragno, che ho già letto svariate volte.
- Adesso è molto più ricco e completo... lo sfogli.
Il misterioso politico seguì il consiglio e dopo pochi secondi la sua espressione di perplessità si tramutò in altro... soddisfazione.
- Ottimo lavoro. E così... tutto quadra. Peter Parker è l'Uomo Ragno. Meglio così, prenderemo due piccioni con una fava. Attaccate immediatamente il laboratorio ed eliminate ogni pericolo. E poi... portatemelo per l'atto finale. Voglio che quell'insetto fastidiosissimo assista al fallire dei suoi intralci.
- Benissimo, signore.
- Notizie di Arthur Stacy?
- Niente di rilevante. Sembra che da quando è tornato ad Hong Kong si sia rassegnato al destino che attende tutti quelli della sua specie. Dubito ci metterà i bastoni fra le ruote.
- Tanto spavaldo, fino a qualche settimana fa... bene, bene. Fai quel che dev'essere fatto.
"Dovrei ucciderti, per il solo fatto di condividere con me un segreto del genere" rifletteva Ward, dopo che il suo fido collaboratore lo aveva lasciato "ma in fondo, che importa? Domani il mondo come lo conosciamo adesso non esisterà più..."


TriCorp Research Foundation. Poco dopo.
- Siete pronti?
Fu la domanda che Peter fece a coloro che avevano accettato per testare ciò che aveva elaborato con Octopus. Erano casi estremi, avevano accettato non solo perché vedevano in Peter l'ultima spiaggia, ma perché avevano tutti le competenze per comprendere che ciò che avevano realizzato la coppia Parker-Octavius era fenomenale: un corpuscolo creato in laboratorio, programmato da una serie di geni e personalizzabile in base al genoma dell'individuo, che una volta iniettato si integrava perfettamente nell'organismo garantendone uno stato di salute perfetto. Un completo fattore di rigenerazione e immunità. Ed era ciò che volevano ottenere le cavie.
Kaine: il primo clone dell'Uomo Ragno, colpito dalla sindrome di degenerazione dei cloni che devasta i tessuti, aveva seguito dal principio la ricerca e aveva procurato il materiale necessario a portarla avanti.
Morbius: il dottor Michael Morbius, afflitto da una malattia sanguigna che provoca vampirismo, un biochimico da Nobel che non era riuscito a curarsi e che era sotto la tutela della TriCorp da qualche tempo.
Lizard: il dottor Curt Connors, dal braccio amputato e dal sangue ancora infetto da genoma di rettile, che aveva utilizzato per rigenerare l'arto perduto.
Madame Web: la veggente Cassandra Webb, affetta da cecità e paralisi, aveva anche perso da poco tempo il dono dell'eterna giovinezza.
- Otto, sei sicuro di volerti sottoporre anche tu? - chiese come ultima conferma Peter.
- Sì, Peter... finché sarò in questo stato mi sentirò mutilato. Se guarirò dal legame psichico con le braccia idrauliche starò meglio. E tu, sei sicuro di non volerlo fare?
- Primo, ho una bambina da crescere e non rischio la mia vita... inoltre non so che effetto potrebbe avere sui miei poteri. 
"E' lo stesso dubbio che ha avuto Matt [Murdock, ossia Devil]" pensò immediatamente dopo Spidey. "Sarebbe potuto guarire dalla cecità, ma non voleva rischiare di perdere i suoi supersensi. E chissà dov'è Bruce Banner...l'ultima volta l'ho visto quando abbiamo combattuto contro Dormammu ["I Difensori" 1/3]. Ma non l'ho più rintracciato... se tutto va bene, presto potrà guarire dalla maledizione di Hulk. Ma se la sperimentazione funziona con loro, la priorità verrà data a tutti i malati terminali della città... sarebbe stupendo poter aiutare tutti...".

Più di tutti fremeva Kaine. Se l'esperimento fosse riuscito, avrebbe riavuto un corpo normale e avrebbe potuto rientrare nel mondo civile. Voleva parlare ancora con Desiree Whintrop. Era stata molto gentile con lui, quando settimane prima era andata a trovarlo, avevano parlato molto e lei si era messa a sua disposizione. Una ragazza d'oro, si era rivelata. Ma Ben non aveva più avuto il coraggio di contattarla, con quell'aspetto. Ora l'occasione poteva ripresentarsi. Se Peter avesse seguito i suoi consigli, avrebbe avuto una chioma bionda e occhi azzurri... miracoli dell'ingegneria genetica. Così la somiglianza con l'originale sarebbe stata minore.  

L'esperimento partì. Comodamente rilassati sui loro lettini, le cinque cavie si fecero iniettare da Peter le dosi di corpuscoli tarati sul loro sangue e sul loro genoma, si fecero attaccare ad una flebo di sostanze adiuvanti ed iniziarono ad aspettare gli effetti.

Improvvisamente il senso di ragno di Peter scattò. Si fiondò nella stanza adiacente e guardò in alto, verso la vetrata antiproiettile che faceva da soffitto al laboratorio. A un certo punto la suddetta finestra si sfondò e Charlotte Witter, alias la quarta Donna Ragno, nipote di Madame Web, atterrò sul pavimento ringhiando. Le sue zampe psichiche attutirono la caduta. A ruota, la seguì il Ragno d'Acciaio, ossia Ollie Osnick, coadiuvato dalle sue braccia idrauliche.
- Ma che succede?! - gridò Peter.
- Ragno... sono settimane che ti cerco - mugugnava tra i denti.
Ollie ascoltò stupito quelle parole, senza collegare subito Peter Parker all'Uomo Ragno. I tre, poi vennero distratti da rumori e voci dalla sala della sperimentazione. Probabilmente avevano sentito il subbuglio. 

Dalla porta una visione inaspettata: il dr. Octopus dotato di braccia metalliche! 
- Otto?!
- Scusa, Peter, a dopo le spiegazioni! Questa donna è pericolosa!
Era stato proprio il dr. Octopus a trasformare Charlotte, grazie alle sue manipolazioni genetiche. E avrebbero presto scoperto che l'aveva manipolata mentalmente.
- L'incubo è finito - sentenziò il dottore, e a quelle ermetiche parole Charlotte ebbe un capogiro e piegò le ginocchia, come se le mancassero le forze.
- Otto... che le hai fatto?!
- Le ho detto una frase-chiave che avevo preventivato nel caso in cui dovessi liberarla dal suo stato mentale di sottomissione nei miei confronti.
Era difficile per Peter parlare del passato di Otto come criminale, ora che ci lavorava gomito a gomito.
- Vuoi dirmi che era come... ipnotizzata da te, e che ora con una frase l'hai risvegliata?
- Esatto... ero o non ero un genio del male? E comunque... che ci fa questo ragazzino qui? - disse riferendosi al Ragno d'Acciaio, intimidito e affascinato dalla figura dell'ex-criminale a cui si ispirava un tempo.
A quelle lugubre parole la donna si riprese e fece la domanda di rito:
- Che è successo? Dove mi trovo?
- Cara Charlotte, ti sei risvegliata da un lungo stato di trance, di cui però dovresti avere qualche ricordo, se non ho fatto male i miei calcoli.
- Oh, sì... l'Uomo Ragno... nonna Cassandra... sì, sto connettendo tutto... - poi alzò lo sguardo verso Peter e disse - Sì, tu sei l'Uomo Ragno... e tu il dr.
Octopus... tu, bastardo! 
Il Ragno d'Acciaio, confuso dalla situazione, continuava nel suo stato di silenzio. Pensava di poter gestire situazioni importanti dopo il successo con Electro [v. "L'Uomo Ragno"#2], invece si rendeva conto di essere inerme.
Contemporaneamente, grazie all'agilità sovraumana della donna, Octavius non poté neanche accorgersi di come Charlotte gli fosse balzata addosso, buttandolo violentemente a terra.
- Charlotte, ferma! - le gridò Peter, lanciandosi su di lei e cercando di fermarla con la sua forza di ragno. Ma i nuovi tentacoli di Octavius riuscirono a scaraventare via prima il nemico.

- Fermi tutti! Qui c'è bisogno di chiarimenti! - urlò Spidey con tutto il suo fiato - Charlotte, tu che ci fai qui?
- Ero venuta a rubare il tuo potere, ma non mi aspettavo di trovare Octopus.
- Acciaio?
- Io... stavo seguendo lei, pensavo fosse pericolosa. Prometto che il tuo segreto...
- Zitto. Otto, tu che ci fai con quelle braccia?
- Peter, ti ho mentito. Ho programmato i miei corpuscoli affinché mi rigenerassero i tentacoli... ho ingerito per un mese capsule di acciaio organico... la nostra scoperta ha fatto il resto.
- Tu... mi hai nascosto una cosa simile? C'è un'ordinanza del giudice per cui...
- Peter, vogliamo parlare di quella misteriosa capsula di stasi? Credo che ciò che stai facendo non sia eticamente accettato.
- Touché, Otto, ma ne riparleremo. Acciaio, è meglio che tu vada ora.
- Spidey, con tutto la stima che nutro nei tuoi confronti... non puoi trattarmi come un bimbo scemo! - commentò umiliato Ollie.
- Scusa, Acciaio, è che la situazione è stressante... del resto se ti sei occupato finora di lei non ho nessun diritto di dirti niente. Charlotte... ora che sei di nuovo lucida, possiamo stare tranquilli?
- Covo ancora il desiderio di assorbire i tuoi poteri, ma credo di potermi controllare.
Ancora indispettito, Spidey si rivolse con acidità al suo collega.
- Ma come diavolo hai fatto a trasformarla in una mutante assorbi-poteri?
- Probabilmente tu non lo sai, ma nell'ambiente criminale c'è anche un contrabbando di materiale genetico... a volte la roba è preziosissima, costa un occhio della testa. Il cocktail di geni che ho acquistato sembra che se lo sia procurato un genetista di nome Sinistro... dev'essere un tipo in gamba. Così ho manipolato il materiale in modo da creare la Donna Ragno.
- Tutto da rivolgere contro di me... Otto, mi sembra surreale stare a parlare qui con te, quando fino a un paio di mesi fa il tuo unico pensiero era uccidermi. E dopo la bravata di oggi, ho seri dubbi sulla tua serietà.
Octavius non rispose.
Dalla porta irruppe Ben Reilly, che stava già riacquistando tratti più umani: portava con sé la flebo a cui si stava sottoponendo.
- Si può sapere che succede? Peter, chi è tutta questa gente? - chiese.
- Ben, è pericoloso alzarsi in questo stato. Me la vedo io - quasi gli intimò il suo fratello di sangue.
- Sono tutti giustamente preoccupati...  - continuò Kaine - a Octopus sono improvvisamente cresciuti i tentacoli dai fianchi, di qui proveniva il rumore di vetri rotti e di battaglia e...
- Ben... tutto sotto controllo - concluse un irritato Peter Parker.
Come se il destino volesse beffarsi di quella frase superba, la situazione mutò in maniera tale da non essere più controllabile.

Prima ci fu un rumore abbastanza assordante che dal tetto arrivava rimbombando nelle stanze della TriCorp. Poi la stanza dove si trovavano i cinque "eroi" fu completamente messa all'ombra. Un enorme veicolo di chiara fattura extraterrestre levitava sulle loro teste, sui resti della vetrata che avrebbe dovuto proteggerli. I sensi di ragno di Spidey, Kaine e Charlotte squillarono nelle loro menti all'unisono, ma non poterono proteggersi dal pericolo che presagivano. 
Dalla nave aliena un fascio di luce intensissimo li colpì, facendo perdere loro i sensi. Una volta che il velivolo fu partito per gli strati più alti dell'atmosfera, dei cinque non c'era più traccia.
I dottori Morbius e Connors e la veggente cieca, nonostante la porta che li separava dalla camera fosse chiusa, videro attraverso gli stipiti e le fessure una luminosità fuori dal comune. Così, armati delle loro flebo e ancora deboli, si alzarono - chi poteva alzarsi - per vedere cosa stava succedendo.
Aperta la porta, non trovarono Parker e Octavius, ma degli uomini armati, vestiti con tute nere e con i volti coperti dai caschi.
- Chi siete? Dove sono finiti tutti? - chiese agitato il dr. Curt Connors.
- Che ne facciamo di questi? - chiese uno degli uomini misteriosi a un compagno, ignorando completamente tutti.
- Non dobbiamo ucciderli... facciamoli prigionieri.
Prima che potessero reagire, i due scienziati e la vecchia donna svennero sotto i colpi del calcio di due fucili e vennero portati via, mentre gli uomini-in-nero si occupavano del laboratorio...

Capitolo ottavo
LA COSPIRAZIONE - seconda parte
scritto con Fabio Volino

Quando Peter Parker riaprì gli occhi, ancora storditi da quella luce accecante che aveva invaso il suo laboratorio, cercò di capire la situazione ma gli ci volle un po'. Era in uno strano ambiente chiuso. Le sue braccia e le sue gambe erano bloccate da grossi ceppi metallici ad un muro, ma lo stesso destino era stato riservato a Ben Reilly e Ollie Osnick, alla sua destra, e Charlotte Witter e Otto Octavius, alla sua sinistra. Dovevano ancora riprendere i sensi. Dedusse che dovevano tutti trovarsi su una nave aliena, visto sia il design di quella cella sia il modo in cui erano stati rapiti. Si chiedeva solo perché.
Ma un attimo, c'era qualcosa che aveva visto... Peter si voltò e vide che Ben era tornato ad avere un aspetto normale, il suo corpo non era più in decadenza, la soluzione biochimica di Octopus aveva funzionato. Era in tutto e per tutto simile a lui, a parte i capelli tinti. Ben iniziò a riprendersi. E così anche Otto e Charlotte.
- Tutto bene? - chiese Peter. Gli altri annuirono.
- Cosa è successo? - chiese Ben.
- Siamo stati invitati ad una festa, a quanto pare - rispose Peter. E poco dopo apparve davanti a loro il senatore degli Stati Uniti Stewart Ward.

Fuori dall'astronave. Qualche chilometro sopra Central Park. 
- Forza, Dinamo! Proviamo un' altra volta!
Capitan Bretagna e Dinamo Cremisi impattarono contro il campo di forza che circondava l'astronave, ma senza alcun risultato. Nemmeno un raggio repulsore dell' eroe russo ottenne alcunché. WorldWatch era stato chiamato da queste parti dopo che l' UFO era apparso nei cieli di New York ed aveva tentato in tutti i modi di scoprire quale segreto celasse. Ma invano.
- Nulla? - chiese Visione. I suoi compagni di squadra scossero la testa.
-
Purtroppo nemmeno nella mia forma intangibile sono riuscito a penetrare nel campo di forza, ma dobbiamo continuare a tentare. Quell' astronave rappresenta un serio pericolo, ne sono certo.
- Però, come è grande - disse Sun - Anche meglio di X-Files!
E a qualche chilometro da lì un' altra persona era interessata all' evento, che poteva ammirare solo grazie ai servizi del telegiornale: il barone Strucker, capo dell' organizzazione sovversiva nota come HYDRA.
- Heil Hydra! - disse un suo sottoposto.
- Nessuna novità?-  chiese il barone. Il sottoposto tacque.
- Sapevo che quell' essere nascondeva qualcosa. Volevo catturarlo per farmi rivelare i suoi segreti, ero sicuro che grazie ad essi avremmo avuto i mezzi per conquistare il mondo. Ma avete fallito, come al solito. Prima mettete a capo di questa organizzazione uno Skrull, poi un altro alieno ci prende bellamente in giro. E' venuto il momento di cambiare radicalmente l' Hydra...
 

All' interno dell' astronave.
Due alieni stavano discutendo in una lingua incomprensibile quando un uomo si avvicinò a loro. I due alieni gli puntarono le loro armi contro, ma l' uomo balzò loro addosso e con due rapidi pugni li mise KO. Prese poi le loro armi e si tirò giù il cappuccio, rivelando così il suo vero volto: il Ranger! "E' venuto il momento della resa dei conti, Chleee!".                                                                                                
Poco lontano da lì Ward diede un ironico benvenuto ai suoi prigionieri.
- Cosa vuoi da noi, Ward? - chiese Peter. In tutta risposta il senatore tirò fuori un costume da Uomo Ragno.
- Abbiamo qui un vero eroe, a quanto pare - disse il senatore - che ironia che tu mi abbia salvato così tante volte ed ora io ti debba uccidere, vero? E nemmeno nella morte troverai la pace: il senato è venuto a conoscenza della tua identità e presto diventerà di dominio pubblico. I tuoi parenti e amici saranno perseguitati per molto tempo. Aspetta, ho detto saranno? Dovrei dire «sarebbero», considerato che questo mondo così come lo conoscete domani non ci sarà più.
- Cosa intendi dire? - chiese Ben.
- Credo di dovervi dare una spiegazione. C'è una specie aliena, chiamata Cluster, che va di pianeta in pianeta sottomettendo le popolazioni e sfruttando le loro risorse. E' una razza subdola, che agisce nell'oscurità... la loro esistenza è ignota persino agli Skrull, ai Kree o agli Sh'iar, detentori di imperi galattici... i loro progetti di invasione sono a lunga gittata, anche perché hanno una concezione del tempo diversa da quella umana. Il piano di invasione della Terra risale ai primi del ventesimo secolo. Hanno corrotto le figure politiche più importanti, da allora fino ad oggi... hanno creato un governo-ombra nella nazione più potente, gli Stati Uniti. Molti ne erano al corrente... molti hanno fatto finta di nulla. Quei seccatori di Arthur Stacy e di suo fratello George volevano fare qualcosa per impedirlo, ma del resto era impossibile... è tutto pianificato.
- Cosa avete pianificato? - lo interruppe Spidey.
- Fra poche ore diffonderemo nell'atmosfera terrestre il cancro nero... una malattia che inibisce la volontà. Tutta la popolazione sarà in balia dei Cluster: sarò proprio io ad attivare il portale che trasporterà la nostra nave madre nell'orbita terrestre. Ma ora... 
- Ma tu chi sei esattamente? - chiese Peter.
- Vedete, io sono un ibrido umano-alieno... sono un Cluster mutante, che di invasione in invasione si lega a eminenti o strategici personaggi del luogo, senza che neanche se ne accorgano, guidandoli inconsciamente alla missione... come Ward mi sono perfettamente consapevole del mio ruolo dopo lo scontro con i Sinistri Sei.
- Hai poteri energetici? Quelli che hai manifestato in quell'occasione o ancor prima, creando un varco con un'altra dimensione?
Peter stava cercando di far leva sull'ego del senatore per capirgli informazioni utili per salvarsi.
- Sì, esattamente. Senza di me gli alieni non avrebbero le risorse per trasportare in questo quadrante la loro astronave-madre, un vero e proprio pianeta ambulante. Invece veicoli più modesti come questo si prestano al contatto con i pianeti da invadere - spiegò ancora Ward.
- E voi traditori del pianeta avete in cambio la salvezza - commentò sdegnato il giovane Ollie, che si era ripreso ed aveva sentito tutto. 
- La Covata potrebbe citarvi per violazione dei diritti d' autore - disse ironicamente Peter.
- Ora basta, mi sono stancato di voi. La vostra cura poteva destabilizzare gli effetti del cancro nero, non so neanche come siate riusciti a crearla, ma essa non potrà più essere riprodotta considerato che abbiamo distrutto il laboratorio e i vostri appunti. Morirete nella consapevolezza del vostro fallimento. E per me questo sarà fonte di immensa gioia. Chi vuole essere il primo a perire?
In risposta un raggio di energia mancò per poco il capo di Ward. Il senatore si voltò e vide il Ranger ed iniziò a tremare.
- E se iniziassimo da te, Chleee? - disse il Ranger.
- Come l'hai chiamato? - chiese Peter.
- Col nome che ha usato sul mio pianeta: vi avrà sicuramente narrato la sua storia e i piani di conquista della sua razza. Da noi si finse un guaritore e si accattivò le simpatie di tutta la popolazione. Poco prima che i Cluster sottomettessero il mio pianeta dovetti partire per lo spazio per alcune transazioni commerciali e scampai alla sventura. Ma non la mia famiglia. Fuggii con in mente un solo obiettivo: la vendetta, contro quest' essere che ha rovinato la mia vita. Lo ritrovai qui, dopo una lunga ricerca, finalmente. Ma la posizione sociale che aveva raggiunto da voi lo rendeva irraggiungibile. Contro la sua razza costruii un gruppo di ribellione, gli Agenti dell'Anarchia, tramite il quale contrastare i suoi scopi. E grazie a noi il suo folle piano è stato più volte rimandato. Ma ora tutto finisce qui: in nome del popolo Ran' Jer, Chleee, ti condanno alla morte.
Ma Chleee/Ward fu più svelto di lui: emise i suoi poteri energetici, che accecarono per qualche secondo il Ranger e ne approfittò per scappare da un portello laterale.
- Dannazione! - esclamò il Ranger. Poi si diresse verso i prigionieri.
- Dal costume che vedo qui a terra mi pare di intuire che tu sia quell' eroe che ho incontrato qualche tempo fa. Sei disposto ad aiutarmi?
Peter annuì deciso.
- Libera anche gli altri - aggiunse - saranno alleati preziosi.
Una volta che Peter ebbe indossato il suo costume, tutti partirono alla caccia di Ward. Ma non riuscirono a percorrere pochi metri che un gran vocìo attirò la loro attenzione. Gli eroi si diressero verso dove sembrava provenire il suono e trovarono, dentro una stanza, alcune eminenti figure politiche. Oltre a loro vi erano anche il Dr. Connors, Madame Web e Morbius.
- Ma... senatore Kelly! Cosa è successo? - chiese Spidey.
- L'Uomo Ragno! - rispose Kelly - Che ci fai qui? Potresti compromettere tutto! E con te il Dr. Octopus, cosa vuol dire questo?
- Per essere un politico è davvero informato delle recenti novità - disse Peter, poi si rivolse a Ollie - Acciaio, è venuto il momento di dimostrare quanto vali. Porta queste persone con te e trova una via d' uscita da questa nave. Anche se erano pronte a tradire tutta la nostra specie per salvarsi, non possiamo lasciarli morire. Conto su di te.
Ollie annuì vigorosamente e si mise a dare ordini come se fosse lui il capo. Peter contava anche sulle doti telepatiche di Madame Web per debellare eventuali aggressioni. Il folto gruppo uscì dalla stanza e prese un' altra via. 
- Il deposito che contiene il cancro nero dovrebbe trovarsi al centro dell' astronave - disse il Ranger, ma il gruppo fece pochi passi che trovò davanti a sé un numeroso gruppo di Cluster, che iniziarono a sparare loro contro.
- Uomo Ragno, Ben Reilly - urlò Octopus - andate voi avanti, noi vi copriremo. E tenete questo!
Da una tasca tirò fuori una provetta.
- Ma sembra la nostra cura! - esclamò Peter.
- Esatto - confermò Octopus - Ne tenevo da parte una fiala per ogni evenienza e per fortuna non mi hanno perquisito quando mi hanno catturato. Se questa cosa sconfigge il cancro nero allora è l' unica arma che abbiamo. E ora andate!
I due eroi obbedirono e sorpassarono rapidamente i Cluster. Gli alieni tentarono di raggiungerli, ma i tentacoli di Octopus e la forza di Ranger  impedirono loro il passaggio.
Ad un tratto l' Uomo Ragno ed il suo clone videro un portello più grande degli altri. Era aperto, come un invito ad un massacro. Ed i rispettivi sensi di ragno dei due eroi confermarono quell' impressione. "Non ricordo una crisi di tale portata dal tempo in cui affrontai Thanos" pensò Peter "Ma non posso permettere che miliardi di esseri innocenti, innocenti come zio Ben, vengano sottomessi. Ho un grande potere, anche se questa è una grande responsabilità".
All' interno Ward era in attesa. Dietro di lui una enorme vasca con dentro un potente liquido: il cancro nero, pronto ad essere convertito in materia gassosa e disperso nell' aria. Improvvisamente entrò nella stanza l' Uomo Ragno.
- Sei qui, dunque - disse Ward - Volevo proprio che fossi presente al grande momento. Dopo che avrò infettato la Terra ho pronta qui una provetta apposta per te. Hai qualcosa da dire a tal proposito?
- Che ti bloccherò! - urlò l' Uomo Ragno, ma una esplosione di energia di Ward lo fece balzare all' indietro. L' alieno gli si avvicinò
- Ma cosa intendevi fare? Ora...
Per tutta risposta l' Uomo Ragno rise. Una risata di scherno.
- Smettila, sei forse impazzito? - gli urlò Ward. L' Uomo Ragno si tolse la maschera: sotto di essa c'era Ben Reilly!
- Vai, Peter! - gridò. E Peter era vicino alla vasca, nell' ombra era sgattaiolato per i muri mentre Ben distraeva Ward.
- A buon rendere, fratello! - disse Peter e gettò il contenuto della provetta di Octopus nel contenitore del cancro nero. Una piccola quantità contro un immenso liquido, eppure qualcosa accadde. I due diversi composti chimici reagirono e si compenetrarono. Una lotta interna avvenne dentro il contenitore, poi il cancro nero iniziò a mutare, cambiò colore, fino a diventare... bianco.
- No! Non dovevi! - urlò Ward, balzando contro Peter. Il senso di ragno non gli permise di evitare l' attacco veloce di Ward, che riuscì a premere la provetta contro il suo corpo ed immettere il cancro nero nel suo organismo. Subito Peter fu colto da violenti spasmi. Ben, inorridito, non sapeva cosa fare.
- Ma non tutto è perduto, posso ancora agganciarmi all' astronave madre - disse Ward.
- No, Ward. Il gioco è finito!
Da dietro il senatore apparve Octopus, che lo colpì al volto con un tentacolo. Nel frattempo Ben si avvicinò a Peter e vide una provetta con stantuffo accanto a lui. In quel momento gli venne in mente un' idea folle. Prese un pezzo di vetro e si ferì al braccio. Il sangue che fuoriuscì lo immise nella provetta. Quando essa fu colma, Ben richiuse la provetta e, tramite lo stantuffo, immise il suo sangue nel corpo di Peter. Lui lo guardò con occhi stupiti.
- Non so se funzionerà - disse Ben - ma Ward ha detto che la cura di Octopus inibisce gli effetti del cancro nero ed io sono stato trattato con questa cura. Il mio aspetto umano ne è la dimostrazione. Forse il mio sangue, interagendo con il tuo, riuscirà a debellare gli effetti del cancro nero. Speriamo, io sono un barman, non un infermiere.
Gli spasmi di Peter divennero ancora più violenti e Ben faceva fatica a tenerlo fermo. Poi ad un tratto si fermò e, con voce rantolante, Peter disse:
- Devo decisamente prendermi una vacanza.
Ben era riuscito a curarlo.
Octopus, intanto, raccolse la provetta che aveva infettato Peter. C'era ancora un discreto quantitativo di cancro nero.
- Hai detto che sei in parte umano, vero? - disse Otto - Allora prova gli effetti del tuo potere.
E con uno dei suoi tentacoli allungò la provetta verso il cuore di Ward. Lo colpì e anche Ward fu preso da violenti spasmi, ma stavolta non ci sarebbe stato nessuno a salvarlo. La sua fisiologia ibrida ebbe uno strano effetto su di lui ed in breve tempo l' ex senatore degli Stati Uniti si liquefece davanti agli occhi stupiti dei presenti.
Ma Otto non pareva felice: - Che tu sia dannato, hai mandato all' aria tutto!
Si volse verso Peter e Ben, che lo guardavano stupiti.
- E' andato tutto oltre le mie aspettative - continuò Octopus - Volevo sintetizzare una cura contro il cancro nero per salvarmi e poi per rivenderla ai ricchi della Terra. Avrebbero pagato qualsiasi prezzo! La tua proposta di lavoro alla TriCorp cadeva a fagiolo... non avrei immaginato di ottenere così in fretta dei risultati, grazie ai dati di Goblin. Ero pronto a fuggire, ma in quel momento l' arrivo di Ward ha rovinato tutto. Non avrei mai immaginato che sarei stato costretto a stringere un tale rapporto con te da poter in seguito distruggerti dall'interno, come un cavallo di Troia…
- Tu... tu hai finto di volerti redimere? - chiese Peter.
- Non ti era parsa un po' sospetta, come cosa? Ormai conosco i tuoi segreti e quando questa storia dei Cluster sarà conclusa, potremo fare i conti.
- Verme!
- Ma ora abbiamo altro di cui occuparci - disse Octopus - dobbiamo distruggere il portale tra questa nave e l' astronave madre. Ricreare la cura per il cancro nero richiede troppo tempo e gran parte dei dati sono ormai andati distrutti. Sono abbastanza esperto di informatica da poter gestire anche un sistema operativo alieno. Del resto questa nave è stata costruita per essere utilizzata da entrambe le razze, con un'interfaccia ibrida. Ho visto delle bombe su questa nave, forse per debellare eventuali resistenze. Comunque ora le attiverò.
Ed iniziò ad operare sul computer. Dopo qualche minuto disse:
- Fatto, abbiamo tre minuti. Andiamo alle scialuppe...
Ma in quel momento Charlotte, la Donna Ragno, entrò nella stanza e attivò le tele psichiche su Octopus.
- Finalmente avrò la mia vendetta - disse, prima di svenire. Era rimasta leggermente ferita nello scontro coi Cluster. Anche il Ranger apparve in quel momento.
- Presto, salviamo Otto - disse Peter.
- Non abbiamo tempo, Peter - disse Ben - rischiamo di perire anche noi.
- Ma non possiamo abbandonarlo qui...
Un colpo dietro la nuca del Ranger pose fine alle sue proteste.
- Andiamo - disse. Ben raccolse Peter, il Ranger Charlotte. Con agilità e rapidità si recarono alle scialuppe di salvataggio, che partirono automaticamente. Ben si augurò che anche gli altri Cluster avessero fatto altrettanto. Un minuto dopo la loro partenza l' astronave implose e ciò evitò che la sua caduta causasse troppi danni. WorldWatch, con abilità, protesse i civili che avevano osservato tutto. Il Ranger, che sapeva come guidare la scialuppa, riuscì dolcemente a farla atterrare. Ben, intanto, rivestì col costume dell' Uomo Ragno Peter. Era lui quello che aveva più da perdere.
Non appena atterrarono WorldWatch si avvicinò.
- Chi siete? - chiese la Visione. L' Uomo Ragno uscì allo scoperto.
- E' una storia lunga, Viz. Hai due settimane di tempo?
- Non so cosa ci faccia tu qui, Uomo Ragno. Ma temo avrai molto di cui parlare.
- Posso farlo io al posto suo - disse il Ranger -la mia vendetta è compiuta, ora sono a vostra disposizione.
Capitan Bretagna e USAgent lo portarono via, unitamente a Charlotte.
- Scusami un momento, Viz - disse l' Uomo Ragno, che aveva visto da lontano Ollie e Madame Web. Si avvicinò a loro.
- Visto Pet... Uomo Ragno? Ce l'ho fatta! - urlò trionfante il Ragno d' Acciaio.
- Bravissimo, Ollie. Ora, se permetti, devo parlare con Madame Web.
Malinconicamente Ollie se ne andò.
- Devo chiederle un grosso favore, Madame Web, e so che questo non è il momento migliore. Ma negli ultimi tempi troppe persone sono venute a conoscenza della mia identità segreta e questo metterebbe sicuramente in pericolo la vita di molte persone a me care. Può fare qualcosa coi suoi poteri telepatici? Soprattutto vorrei che alcune persone di cui io mi fido e che sanno di ciò continuassero a conservare questo ricordo. E' possibile? Mi rendo conto che non è un' azione onorevole, ma è in gioco non solo la mia vita.
Madame Web annuì e pose le sue mani sul volto di Peter. Passò circa un minuto, al termine del quale Madame Web disse semplicemente "Fatto". E il ricordo sparì: dalla mente dell' aiutante di Ward, dei senatori che già ne erano venuti a conoscenza, del Ragno d' Acciaio, di Carnage, di Charlotte, di Mattie Franklin...
- La tua richiesta è stata esaudita - disse Madame Web - Ora cancellerò questo ricordo anche dalla mia mente e non avrai più nulla di cui preoccuparti.
- La ringrazio, Madame. Cercherò di sdebitarmi un giorno.
Acciaio si avvicinò.
- Disturbo? - chiese - Volevo sapere se posso andare a casa, sono stanco.
- Vai pure, Ollie. Ti copro io - disse Peter.
E mentre il sole iniziava a tramontare Peter tornò dal suo fratello di sangue (in tutti i sensi, ora) Ben, a cui avevano finito di prestare soccorso.  I due iniziarono a parlare.
- Non mi sarei mai aspettato che Otto si comportasse così - disse Ben.
- Ma forse... potevamo prevederlo, del resto ha addirittura accettato di curare colui che l' ha ucciso [parla di Kaine, ossia la sua metà, che uccise Octopus su L'UOMO RAGNO 182]… non era verosimile. 
- Dimentichi una cosa, Ben - disse Peter - Mentre combattevamo i Cluster Otto ci ha dato la provetta che debellava il cancro nero. Ce l'ha data spontaneamente, noi non sapevamo nemmeno ci fosse. Lui poteva scappare e rivendere la cura al miglior offerente. Poteva farlo... Ma non l' ha fatto. Ed io voglio ricordarlo così, da eroe e non da criminale.
- Credi si sia salvato? - chiese Ben.
- Non lo so. Ma dentro di me lo spero. Anzi, ne sono certo.
Se avessero potuto guardare a chilometri e chilometri, avrebbero visto una solitaria stella cadente entrare nell'atmosfera terrestre...

Note
In via del tutto eccezionale, questo episodio è stato scritto per la maggior parte da Fabio Volino. Da notare come il titolo della minisaga si riferisca sia al complotto governativo sia al piano di Octopus. Mi sembra anche chiaro che le fonti d'ispirazione sono il serial X-files e il film Independence  Day, no? E anche questa trama di Howard Mackie è risolta...

Capitolo nono
VITA E MORTE


Casa Parker, primo mattino.
Soddisfatto per aver sventato un'invasione aliena, soddisfatto per aver guarito il suo clone Ben Reilly dalla degenerazione cellulare, ma amareggiato dalla scomparsa del Dr.Octopus, che gli aveva rivelato di essere stato una vipera in seno nell'ultimo mese, Peter Parker continuava a maneggiare materiale genetico nel suo laboratorio e a controllare dati. I governativi, in particolari quelli al servizio del defunto senatore Ward, avevano rubato tutto il materiale sulla scoperta di Peter e Otto, il corpuscolo che garantiva completa guarigione. Era praticamente impossibile risalire alla "formula" originale dai corpuscoli che circolavano nel suo sangue, ormai adattati al suo genoma. Inoltre, stava lavorando senza sosta per risolvere un piccolo problema. Ben Reilly gli aveva passato i suoi corpuscoli... il problema era che il genoma del clone differiva per una manciata di geni da quello di Peter, per le modifiche ai geni degli occhi e dei capelli che aveva fatto. E questo creava instabilità genetica nel suo organismo. Aveva voluto compiere un elementare intervento estetico a livello genetico, e ora ne pagava le conseguenze. E ancora, c'era un progetto segreto a cui lavorava da un mese e di cui solo Octopus era a conoscenza. Un progetto che presto si sarebbe svelato.
Nel giro di un’ora Peter sarebbe dovuto essere in laboratorio, ma stava già per uscire. Ben si svegliò e andò a salutarlo.
- Ciao, Peter... come va? Quei giramenti di testa?
- Li ho ancora, purtroppo... e se non risolvo questa faccenda dei corpuscoli, la situazione potrebbe degenerare.
- Spero tu ci riesca presto... com'è riprendere a lavorare? Cosa ha detto Twaki?
- E' rimasto molto dispiaciuto perché sapeva a che punto erano le ricerche. L'assicurazione ha coperto i danni economici, ma per il resto devo cominciare da capo... voglio sfruttare quello che ho imparato per sviluppare qualcos’altro… speriamo bene... scusami ma ho un appuntamento...
- Un appuntamento? A quest’ora?
- Sì, scusami ma devo proprio scappare! - e uscì di casa. Ben era molto confuso sull’evasivo comportamento di Peter e sperava di capirci qualcosa al più presto.

Qualche tempo prima.
Era una di quelle volte, dopo il processo Osborn, che Peter e Ben prendevano a conservare, a riflettere sulle folli avventure di cui erano stati protagonisti. Casualmente, nella conversazione spuntò uno strano argomento, così, senza preavviso.
- Sai, Peter... quando ero nell’aldilà ho parlato con tanti nostri cari... non posso dirtelo con certezza, ma credo fossero con me Gwen Stacy e zio Ben e tanti nostri o tuoi amici erano lì... tante brave persone, morte violentemente... un limbo paradisiaco.
- Ben, davvero?
- Credo di sì... solo che non so dirti molto di più... ho sensazioni vaghe, come un sogno fatto a notte fonda… non ricordo praticamente niente. Ho solo il retrogusto dolce di bellissime sensazioni, di affetto... specialmente per te.
- Anch’io ho sentito qualcosa, quando l’ho visitato, ma… evidentemente non ci sono stato abbastanza…
Peter scattò in piedi.
- Ben, ascoltami: secondo te in quel limbo ci sono le anime di coloro che hanno avuto una morte violenta?
- Non vorrei prendere una cantonata, Peter, ma credo di sì… avevamo tutti questioni in sospeso sulla Terra che non potevamo risolvere.
- Quindi… Mary Jane potrebbe essere lì.
- Mm… probabilmente. Peter, che hai in mente? Hai una strana faccia…
- No, niente, Ben…- disse, mentre andava in un’altra stanza a riflettere per conto proprio.


Greenwich Village, presente.

Si era ripromesso di non indossare più il costume, ma per l’occasione fece un’eccezione. Si stava recando nel Sancta Sanctorum del Dr. Strange, con cui aveva chiesto di parlare il giorno precedente. Bussò tranquillamente alla porta, incurante degli sguardi sorpresi dei passanti. Wong, l’assistente del mago, aprì.
- Sì?
- Salve,Wong. Sono l'Uomo Ragno... avevo un appuntamento con il Dottore.
- Certo, mi segua, la sta aspettando.
Dopo pochi secondi, Spidey fu al cospetto di Stephen Strange.
- Salve, Ragno... benvenuto.
- Grazie.
- Allora, cos’era questa questione urgente di cui mi dovevi parlare?
- Devo chiederti un favore... in nome di tutte le volte che ho collaborato con te e i...
- Non citare quel nome - disse con un insolito tono ironico.
- Hai ragione, scusa... comunque quello che devo chiederti è un viaggio in un'altra dimensione.
- Quale? Ragno, se vuoi che ti faccia questo piacere devi dirmi le tue intenzioni, come minimo... e darmi qualche dettaglio in più - disse il mago.
- Stephen... il favore che ti chiedo è di aprire un varco verso l'aldilà... non uno qualsiasi... ma quello che ho visitato dopo la battaglia che combattemmo anni fa contro i Tecnomanti.
- Qual è il tuo scopo? Entrare in contatto con qualche persona cara?
- No…- e gli spiegò cosa voleva fare.
- Ho capito a cosa miri... sfruttare un corpo ospite per riportare nel mondo mortale un’anima. Ma il mondo dell'oltretomba è qualcosa che la mente umana non può concepire. Nemmeno la mia conoscenza sul mondo mistico sa darmi delle risposte precise. C'è l'inferno di Mephisto, i regni dell'oltretomba degli dei mitologici e innumerevoli altre dimensioni. Non so nemmeno cosa comporti violare le loro leggi metafisiche, come vorresti fare.
- Per me è importante… è un’occasione che non mi ricapiterà mai.
-Lo immagino, Ragno. Lo meriteresti davvero, con tutto quello che hai fatto per questo pianeta da quando sei in circolazione... ho anche saputo di come hai salvato la Terra da un attacco alieno... il gruppo WorldWatch lo ha comunicato alla stampa.
- In effetti è così... ma vorrei sapere se sei favorevole o no.
- Peter - gli disse, pronunciando il suo vero nome come probabilmente non aveva mai fatto - è molto romantico il fatto che tu voglia sfidare le leggi di natura per ricongiungerti a tua moglie, ma non so se sia giusto… non so se ne hai il diritto.
Spidey si tolse la maschera e lo guardò negli occhi, con uno sguardo stranissimo.
- Ok, Ragno… dammi le coordinate per fare questo.
E gli disse che il corpo che gli serviva si trovava nel suo laboratorio alla TriCorp. Strange mise una mano sul capo dell’eroe e riuscì ad individuare le coordinate esatte. In un attimo, li teleportò al centro ricerche.


TriCorp Foundation.
 
Strange e Spidey arrivarono nel laboratorio, rimesso a nuovo a tempo record dopo l'incursione dei governativi. Li aspettò una sorpresa. C’era Ben e stava trafficando con del sangue.
- Ehi! - disse ad alta voce Ben, quando vide i due comparire all’improvviso - Spidey, che ci fa qui… con il dr. Strange? - chiese.
- Te lo spiego dopo... ma dimmi tu che ci fai qui.
Ben gli si avvicinò e gli parlò sottovoce.
- Volevo portarti la bambina e pensavo fossi qui… poi ho visto che avevi lasciato la tua scheda magnetica a casa e mi sono preoccupato… e sono entrato qui con quella. Ti aspettavo, il tuo cellulare è sempre spento!
- Ben, ma che stai facendo con quel sangue?
- Peter... stavo controllando il mio sangue dopo la guarigione e...
- Dov’è May?
La bambina corse alla gamba di Ben.
- Eccola… ed è spaventata di vedervi qui.
- Ok, Ben, non complichiamo le cose. Io e Strange stiamo per andarcene. Aspetta qui fino al nostro ritorno.
- Ma che succede? Qualche emergenza col gruppo? Potevo andarci io se…
- Niente di tutto questo.
Silenziosamente, Peter si allontanò, digitò qualcosa su dei terminali e una capsula di stasi poco distante si aprì, portando alla luce un corpo.
- Cos'è? - chiese Ben.
- E' il corpo di Mary Jane. Un clone - rispose freddamente Peter, a cui brillava una luce negli occhi.
- Era a questo che lavoravi in segreto da settimane?! - commentò allibito Reilly.
- Ha funzionato con te, funzionerà con lei - gli rispose Peter.
- Non capisco…- continuava a ripetere il clone, ma sembrava impossibile fermare Peter. Si diresse verso il corpo esanime di Mary Jane. Si avvicinò a lei e la prese in braccio. Fece un cenno a Strange ed entrambi scomparirono.
Ben era estremamente perplesso.
- May - disse prendendo in braccio la bambina - tuo padre sta dando proprio di matto!

Sancta Sanctorum del dr. Strange.
- Direi di procedere - disse Strange. Così agitò le mani pronunciando qualche formula sottovoce e all'interno di quel mistico luogo si aprì un varco metafisico dal pallido bagliore. Peter lo fissava rapito. Impiegò pochi secondi a varcarlo con il corpo di Mary Jane tra le braccia.
Era indescrivibile quello che si provava ad essere immersi in un luogo etereo ma saturo di anime. Peter sentiva la sua mente pervasa da candide voci... alcune familiari, altre meno. Le anime dei suoi cari che si trovavano in quel luogo lo raggiunsero, portandolo ad un'incredibile comunione spirituale con loro... tutti i sensi di colpa, tutti le questioni irrisolte, tutti i fardelli accumulati... si era liberato di tutto ciò.
Tra quelle anime, anche Mary Jane. Ella poteva sentire la vicinanza di un corpo adatto a lei, un corpo che avrebbe potuto riospitarla nel mondo terreno. Si stava così bene lì... perché tornare indietro? Ma le bastò vedere Peter, le bastò sapere che finalmente avrebbe potuto abbracciare sua figlia per convincerla. La sua essenza rifluì nella sua stessa carne, rendendola viva... quel corpo clonato aprì gli occhi, e la prima cosa che vide fu Peter. "Tigrotto" fu la sua prima parola. Lentamente, pervaso da tutta la tranquillità e la pace possibile, Peter fece marcia indietro e, un po' controvoglia, riattraversò il varco verso il mondo fisico.
Strange assistette curioso all'emergere di Peter e Mary Jane dal portale. Lei era nuda, ma l'atmosfera sfidava ogni pudore.
- Peter... ci sei riuscito - sussurrò.
- Sì...- gli rispose -Torniamo al laboratorio.

Ben, nonostante il senso di ragno, si spaventò nuovamente per l’irruzione mistica di Spidey e Strange. Li guardò attonito.
- Peter… quella è…- cercava di dire emozionato, mentre Peter lasciava che Mary Jane camminasse da sola e le prendeva un vestito che aveva portato al laboratorio per l'occasione. La ragazza lo indossò, dopodiché poté correre ad abbracciare Ben.
- Ben! Da quanto tempo! - disse con le lacrime agli occhi - Non posso credere di essere qui... - continuò, quando vide la piccola May, che misteriosamente la riconobbe e le corse incontro. - May! Cielo, che bello poterti abbracciare….
Nel mentre assisteva a queste scene commoventi, Peter andò verso Stephen e lo abbracciò.
- Strange, non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto oggi... sono l'uomo più fortunato del mondo.
- Ti capisco, Ragno... per te è un bel momento. Spero che questo evento non abbia ritorsioni sul piano mistico...  ora però devo andare... bentornata, signora Parker.
- Grazie, dottore… davvero.
- A presto... e grazie! - disse Peter, ma Strange, grazie ai suoi poteri mistici, era già scomparso e tornato a casa.
- Oh Peter... sono così... eccitata! Andiamo a casa! - gridava.
- Ti accontenterò subito.

Un'ora dopo.
Mary Jane non la smetteva di giocare con sua figlia, la quale, dal canto suo, sembrava non esser mai stata separata da sua madre. Probabilmente il previdente Judas Traveller l'aveva preparata anche a questo, chissà [v. "L'Uomo Ragno"#6]. Peter era al settimo cielo, poteva stare con tutta la sua famiglia e aveva mille cose da raccontarle. Se solo gli fossero svaniti quei capogiri... Ben Reilly era altrettanto contento. Ma quell'atmosfera idilliaca venne interrotta quando squillò il telefono e Peter rispose.
- Sì?
- Peter, sei tu? Sono Felicia.
- Felicia?
Era un po' che Peter non aveva contatti con Felicia Hardy, la Gatta Nera, una sua ex-amante. Si erano intravisti durante il processo Osborn, ma non avevano avuto occasione di parlare.
- Dimmi...
- Peter, ti sto chiamando dall'ospedale. Credo dovresti venire...
Flash sta molto male.
- Flash?
Cos'ha? Ha avuto un incidente?
- No, no... ti spiegherò quando arrivi... vieni, vero?
- Arrivo prima possibile... a dopo.
Attaccò la cornetta con un'espressione amareggiata. Mary Jane gli si avvicinò preoccupata e chiese:
- Tutto ok? Ho sentito che hai nominato Flash...
- E' in ospedale, devo andare a trovarlo...
- Vengo anch'io.
- Mary Jane, mi piacerebbe tanto averti vicino, ma... come giustificheremmo questo tuo repentino ritorno?! Voglio dire, dobbiamo ancora inventarci qualcosa, imbastire delle motivazioni...
- Hai ragione, tigrotto, come sempre... io e Ben rimarremo qua con la bambina.
Peter la baciò sulla fronte e la ringraziò per la comprensione. Prese al volo una giacca e corse giù per fermare un taxi. In altri tempi avrebbe raggiunto l'ospedale volteggiando nei panni dell'Uomo Ragno, ma dopo il ritorno delle sue ragazze stava cercando di liberarsi della sua seconda d'identità. Quindi, mezz'ora dopo, il taxi lo lasciò a destinazione, dopo che nella mente di Peter erano stati rievocati un mare di ricordi, di riflessioni sul suo ambiguo e discontinuo rapporto su Flash.

Chiese ad un'infermiera dove poteva trovare il paziente e gli fu indicata la strada. Poco dopo, raggiunse il reparto e la stanza che gli erano stati segnalati. Non entrò subito, perché ad aspettarlo fuori dalla porta c'era Felicia. Non appena si videro si abbracciarono calorosamente.
- Ciao, Peter... mi fa piacere che tu sia venuto.
- Volevo vederti in circostanze diverse... dov’è la famiglia di Flash?
- Sua sorella se n’è appena andata… voleva riposarsi.
- Capisco… ma spiegami almeno che succede.
- E' una situazione complicata... ti spiego in base a quello che mi ha raccontato lui. Sai quel brutto momento di alcolismo che ha passato qualche anno fa... bé, non gli è mai passato del tutto, tranne quando ha lavorato per Norman Osborn... ma quando Osborn è scomparso dalla circolazione, le cose con Betty non andavano troppo bene… ha perso di nuovo tutto e ha ricominciato a bere... nessuno gli era accanto, Peter... nemmeno noi. Ha bevuto tantissimo, il suo fegato era già in condizioni precarie... quasi in stato di cirrosi. Poi la situazione si è aggravata..
- In che senso?
- Ha avuto il colpo di grazia quando Mysterio lo ha proiettato in un mondo illusorio, dove tutti i suoi problemi erano spariti [v. la minisaga "Il mondo perfetto"]... il ritorno alla realtà lo ha stroncato. Si è sentito sempre più solo e ha cominciato a drogarsi.
- Cosa? Diamine...
- Da relativamente poco. Ma è passato a droghe sempre più pesanti... eroina, soprattutto, e la sfortuna gli ha passato una siringa infetta.
- Oh no! Cosa? AIDS?
- No, no, qualcosa di più letale per lui... epatite. Di un tipo nuovo, mi hanno detto. E il suo fegato non può reggere l'infezione.
- E di trapianti non se ne parla, immagino...
- Infatti. Innanzitutto non era in nessuna lista d'attesa... e soprattutto, come avrai immaginato, trapiantare un fegato nuovo in un organismo infetto da epatite non è una mossa indicata.
- Quindi... la situazione è irrisolvibile!
- Purtroppo sì...
- Voglio vederlo.
- Ok.
Entrarono nella stanza. Flash aveva gli occhi chiusi, ma si sentiva che non stava dormendo. Peter lo riconobbe a malapena, perché aveva un volto scavato, un aspetto orribile... un'immagine profondamente diversa da quella dell'adone, sex-symbol liceale. Come era potuto succedere che un ragazzo così avvenente potesse ridursi in quello stato?
- Flash, sei sveglio? C'è qualcuno per te...
Il malato aprì gli occhi e voltò la testa. Quando vide l'ospite, strabuzzò gli occhi.
- Peter?!
- Ciao, Flash... come va?
- Che ci fai qui?
- Felicia mi ha detto che eri ricoverato e sono accorso subito... Flash, perché non mi hai chiamato mesi fa, quando potevamo prevenire tutto questo?
- Peter, i nostri rapporti sono degenerati con il tempo... io che lavoravo con Osborn e tu che invece lo odiavi... e solo dopo il processo ho capito perché. Non ci siamo più sentiti e non volevo disturbarti... avevi tua moglie, tua zia...
- Non significa niente... è colpa di entrambi, dovevamo continuare a sentirci, solo che la vita spegne spesso le amicizie di lunga data...
Felicia li interruppe.
- Ragazzi, smettetela di fare questi discorsi tristi - disse cercando di risollevare il morale dei due.
- Hai ragione, Felicia... Flash, vuoi che chiami Betty?
- No, te lo chiedo come favore... non voglio né che mi veda in questo stato, né voglio litigarci...è un capitolo chiuso.
- E come mai invece hai chiamato Felicia? - chiese in maniera abbastanza indiscreta Peter. Infatti egli sapeva, da quello che essi stessi avevano confidato, che Felicia e Flash chiusero in malo modo la relazione che avevano qualche anno prima... lei gli aveva chiesto di impegnarsi, ma lui le aveva confessato di stare con lei solo perché era la Gatta Nera, anche se lei ignorava che lui lo sapesse. Per questo quella domanda gli venne spontanea.
- Ehm... non so, è la prima persona che mi è venuta in mente. E sapevo che sarebbe venuta sola. Non avrei mai avuto il coraggio di chiamare Betty o altri.
- I dottori che dicono?
- Che bisogna solo aspettare... sinceramente non vedo l'ora di andare in un posto migliore. Non sopporto di vedermi in questo stato.
- Flash! Queste cose non si dicono neanche per scherzo! - lo redarguì Felicia.
- Ha ragione... non ci devi neanche pensare... non sei un malato terminale - seguì a ruota Parker.
- Eccome se lo sono... e comunque, Hardy, non stavo affatto scherzando.
Calò un silenzio di tomba nella stanza. Ci fu qualche momento per pensare e Peter ne approfittò per prendere una decisione abbastanza importante. Aveva già fatto una cosa simile in passato, per un bambino, suo fan, in fin di vita. E pensava che ripetere quel gesto con Flash sarebbe stata una buona idea...
- Flash... io devo confessarti una cosa. So che non ci crederai, so che potrebbe anche farti del male, ma spero di no... e Felicia può confermartelo - e lei lo guardò perplessa - ... io sono l'Uomo Ragno.
Flash e Felicia lo guardarono con gli occhi sbarrati. Dopo qualche secondo, Flash scoppiò a ridere e contagiò il riso ai suoi due amici.
- Cosa non ti saresti inventato per risollevarmi il morale, eh? - cercò di dire il malato tra le risate.
- Sapevo che non ci avresti creduto - sorrise Peter.
- E invece ci credo... eccome - disse Flash, smorzando l'atmosfera allegra.
- Cosa? - dissero all'unisono Peter e Felicia.
- Lo sospettavo ma non lo ritenevo possibile. Ma in effetti, il processo Osborn sotto questa luce ha molto più senso...
Peter non parlò. Flash alzò con fatica un braccio e gli diede una pacca sulla spalla.
- Sono fiero di te, Peter... sarei voluto essere te.
A quella frase, che rivoltava da capo a piedi gran parte della sua esistenza, Peter si commosse e abbracciò l'amico.
- Ti assicuro che non è bello come sembra - gli sussurrò all'orecchio.
- Tutti i tuoi problemi si risolvono... vedrai che, come sono tornati tua figlia e tuo cugino, tornerà anche Mary Jane - e Peter si sentì in difetto, perché non poteva rivelargli che era già successo.
Anche Felicia era commossa per quella scena, che però, venne bruscamente interrotta quando una strana figura si materializzò nella stanza. Peter lo riconobbe perché l'aveva già incontrato una volta, sempre in un ospedale... era Deathurge, il Latore di Morte, che soddisfava il desiderio di morte dei moribondi.
- Tu che ci fai qui? - gli gridò Peter.
- Peter, chi è quello?! - chiese preoccupata la Gatta Nera.
- Quell'uomo sul letto ha chiesto di morire e sarà accontentato, Uomo Ragno - sentenziò.
- Non te lo permetterò - mugugnò Peter balzandogli addosso. Un pugno ben assestato di Deathurge lo scaraventò sulla parete. Felicia era paralizzata, non sapeva con chi aveva a che fare. Così, i due eroi non poterono far niente per rimandare l'inevitabile. Deathurge si avvicinò a Flash Thompson, il quale alla sua presenza sospirò... non stava soffrendo. Riuscì a sussurrare "Vi voglio bene, ragazzi" e poi i suoi segni vitali si azzerarono. Flash aveva ancora gli occhi aperti e commossi.
- Ragno, non potevi fare niente per fermarmi… servo la volontà di Oblio… e per una vita che ti sei ripreso, una ti è stata sottratta - disse Deathurge scomparendo.

Peter e Felicia accorsero al letto.
- Chiama qualcuno! - gridò Peter mentre tentava di usare la sua forza di ragno per un massaggio cardiaco, ma invano. Quando arrivarono i medici, dopo un paio di controlli dichiararono l'ora del decesso.
Peter e Felicia erano fuori della stanza, avvinghiati l'uno all'altro, singhiozzando per le lacrime. Peter era attanagliato dai rimpianti. Come era stato per suo zio Ben, per George e Gwen Stacy e per tutti gli altri. Avrebbe potuto fare qualcosa per evitare la tragedia... avrebbe potuto chiamare Flash, anni prima, e mantenere i contatti con lui. O avrebbe potuto ridargli la salute con la sua scoperta, distrutta per colpa dei governativi. Avrebbe potuto condividere innumerevoli momenti con l'amico che ora piangeva e rimpiangeva. E la frase con cui si era congedato il Latore di Morte non aiutava certo la sua coscienza. Davvero Flash doveva morire per bilanciare un equilibrio metafisico, spezzato per il ritorno di Mary Jane dall'oltretomba? Il Dr. Strange stesso aveva detto che non sapeva quali sarebbero state le conseguenze di quel gesto.
Quando non ci furono più lacrime da versare, Felicia avvertì i familiari di Flash e Peter chiamò casa dal telefonino, comunicando la triste novella. Mary Jane scoppiò in lacrime al telefono, passando la cornetta a Ben. Anche lui fu colpito da un amarezza infinita, perché nei ricordi che condivideva con Peter c'era anche Flash Thompson.


Qualche ora dopo, al Ravencroft Institute.

- E questo è quanto, Ashley... sono letteralmente sconvolto... ultimamente sto avendo giornate così intense che basterebbero per una vita...- diceva Peter alla sua psicoterapeuta, la dr.ssa Kafka, dopo averle raccontato come erano andate le sue ultime giornate.
- Ti capisco, Peter... rimango anch'io colpita dai tuoi resoconti. E' anche normale che devi ancora elaborare tutto quello che è successo, il tradimento e la scomparsa di Otto, il ritorno di tua moglie, la morte del tuo amico Flash... e tutto il resto...
- Ora dovrei parlare con Norman Osborn... posso? - chiese gentilmente Peter.
- Con Norman? Perché? - chiese altrettanto Ashley, ma vedendo lo sguardo basso e discreto di Peter, fece semplicemente un cenno affermativo con la testa. 

Peter odiava quell'uomo per quello che gli aveva fatto, ma era soddisfatto perché era riuscito a superare tutto quello che gli aveva fatto... a parte Gwen Stacy, tutti coloro che gli aveva tolto erano di nuovo con lui. Ma anche questo generava certi problemi... di natura burocratico-legale, più che altro. Per questo Peter aveva intenzione di far leva sul condizionamento psichico operato da Judas Traveller [v. "L'Uomo Ragno"#6] per rattoppare la situazione.
- Ciao, Norman.
- Peter...
- Sai, Norman, dovresti farmi un piacere... e credo che tu me lo debba. Oggi non sono di ottimo umore, perché qualche ora fa mi è morto davanti agli occhi Flash Thompson.
- Uh, che bella notizia! Ti ringrazio! Davvero.
- Ma sono felice perché qualche ora prima Mary Jane è tornata tra le mie braccia.
Lo sguardo di Goblin si fece interessato e sorpreso.
- Magia, Norman... e ora devi mettere la ciliegina sulla torta.
Solitamente non era quello l'atteggiamento usato da Peter, ma dopo quello che aveva passato e, soprattutto, vedere così inerme il suo nemico lo stuzzicava.
- Devi chiedere un colloquio con le autorità... e confesserai di aver tenuto prigionieri anche Ben Reilly e Mary Jane... e che hai mentito su di loro al processo perché non sei mai abbastanza soddisfatto delle vendette dei miei confronti.
- Ti odio, Parker. Dal profondo del cuore. Quando quest'incubo sarà finito, quello che ti ho fatto in questi anni sarà solo un bel ricordo di un passato migliore, per te... dovessi evocare Satana stesso.
Peter non rispose. Si voltò e andò verso casa.

 

Attico dei Parker, poco dopo.
-
Sono letteralmente distrutto... ragazzi, io ho bisogno di dormire... e pensare che non sono stato in giro a volteggiare - si lamentava Peter.
- Ok, Peter, vai pure... qui stiamo andando tutti a nanna - gli rispose Reilly - Ah, Peter, prima di andare a letto... scusami, sai, con tutto il trambusto che c'è stato mi sono dimenticato di dirtelo e nel laboratorio mi hai trattato freddamente, preso dalla storia di Mary Jane...
- Hai ragione, scusami, ma ero completamente preso…
- Ti scuso… ma c’è una cosa che devi sapere. Stavo analizzando il mio sangue e ho scoperto qualcosa di sconvolgente.
Ben rimase qualche secondo in silenzio.
- …scusa, cosa c'era di così sconvolgente nel tuo sangue?
Poi il clone disse: - La cura... i corpuscoli... mi hanno fatto diventare un mutante.

Il mattino dopo.
- Avete letto il giornale di oggi? - chiedeva Peter Parker a sua moglie e al suo clone.
- No, perché? - rispondeva Ben Reilly. Peter gli lanciò la copia del quotidiano e Ben la raccolse prontamente grazie ai suoi riflessi. Lanciando un’occhiata alla prima pagina, capì subito cosa volesse fargli leggere Peter… il suo sguardo cadde sul titolo dell’articolo principale:

La Modella Mary Jane E Il Cugino Ben Reilly rapiti
Le Verità Nascoste
Osborn Svela Il Suo Ennesimo Attacco Ai Parker

- Quindi la notizia è già su tutti i mass-media, anche se Norman ha confessato solo ieri - disse Mary Jane, che dalle spalle di Reilly cercava di leggere l’articolo.
- Meglio così… ci tengo a venire al funerale di Flash.
- Ma dovremo sorbirci un terzo grado da far paura! - la avvisò suo marito.
- Ne sono perfettamente consapevole, tigrotto… ma prima o poi avremmo dovuto affrontare la società. E oggi è l’occasione giusta, anche se ne avrei preferita un’altra. E poi ormai ho dato lì appuntamento alla mia famiglia… zia Anna rischiava un colpo quando l’ho avvisata che quello che aveva sentito al telegiornale era vero. Non vede l’ora di abbracciarmi.
- Sono contento che tu sia così entusiasta di andare ad un funerale - fece dell’ironia Ben Reilly, mentre finiva di leggere il pezzo su di loro. - Cavolo, quante bufale si è dovuto inventare Normie - continuava.
- Ma la bambina? - disse Peter rivolgendosi a sua moglie.
- La porteremo con noi… tanto non è ancora in grado di capire completamente la situazione, non ci soffrirà.
- Non ne sono molto convinto.
- Peter, sono appena tornata dalla morte… voglio passare con lei più tempo possibile.

Qualche ora dopo…
Avevano fatto apposta ad entrare in ritardo alla cerimonia in chiesa, così da rimandare a dopo l’interrogatorio. Si sedettero all’ultima panca, non visti. “Sta iniziando” bisbigliò Ben.
Ascoltarono la straziante cerimonia con attenzione e con occhi lucidi. Poi Peter venne chiamato sull’altare per fare un discorso. “Lo faccio solo per la memoria di Flash… odio essere al centro dell’attenzione” ripeteva.
Tutti i partecipanti guardarono curiosi il fondo dell’edificio sacro, fissando in maniera imbarazzante i Parker. Peter, incurante di tutto, si alzò, percorse la navata a testa alta e si posizionò al microfono.
- Non so se è giusto che io sia qui a parlare oggi. Eugene Thompson era uno dei miei migliori amici, certo. Ma so cosa starete pensando. ‘Peter Parker ha almeno riavuto la sua famiglia, di che si lamenta?’. Anche questo è vero. Ma questo non significa che io non stia male da cani, da due giorni a questa parte. Ricordo ancora il difficile rapporto che io e Flash avevamo ai tempi della scuola. E sembra quasi un miracolo il rapporto che si è instaurato pian piano. Scoprii con sommo piacere che dietro l’apparenza di bullo c’era una persona splendida… e non lo dico solo perché ora non c’è più. Scoprii un Flash umano e fragile come chiunque di noi… forse anche di più, visto che ora si trova in quella bara. E non lo meritava. E’ stato una tassello fondamentale della mia esistenza. Per questo rimpiango di non essergli stato accanto in questi mesi. Di non averlo sostenuto nella sua lotta con l’alcol. Di non essermi accorto della depressione in cui era caduto. Non aveva più nessuno e questo non può che farci riflettere. La sua vita è stata stroncata così precocemente… cerchiamo almeno di conservare i ricordi migliori che abbiamo di lui.
Un forzato applauso risuonò nella chiesa, mentre Peter tornava a sedersi.

Durante il corteo, la sparuta folla non resistette alla tentazione di spettegolare. J. Jonah Jameson e Robbie Robertson furono i primi a riavvicinarsi ai Parker. Senza neanche salutarsi, abbracciarono tutti.
- Mary Jane… è incredibile vederti - diceva il nero.
- Credimi, per me è lo stesso - gli rispondeva la rossa.
- Ma questa bambina è bellissima!
- Grazie…
- Peter, hai visto? Il fato ti ha ricompensato per la sfortuna che hai dovuto subire…
Peter non sapeva che dire.
- Ragazzo, sei scomparso dalla circolazione - lo rimproverava il capo del Bugle.
- Ha ragione, Jonah… ma, come sa, è successo di tutto in questi mesi.
- Lo so, figliolo… finalmente quel diavolo di un Norman Osborn ha avuto quello che si meritava… ma non avrei immaginato che si fosse accanito in quel modo contro di te… senza motivo, tra l’altro.
- Purtroppo è riuscito a farmi passare i momenti peggiori della mia vita… anche se la morte di Flash è una delle poche tragedie in cui non c’è il suo zampino.
- Quel bravo ragazzo… certo, era diventato il galoppino di Osborn, ma in fondo…
- Certo che è incredibile - continuava Robbie con Mary Jane e Ben.
- A chi lo dici…- gli rispondevano.
Poi Peter vide altre persone che doveva salutare. E si fece forza per affrontare i fantasmi del passato che con tanta fatica aveva sconfitto.

- Felicia… come stai?
- Ciao, Peter… come vuoi che stia? Non ci credo ancora che Flash è morto.
- Io cerco di farmene una ragione.
- Peter… sono contenta per Mary Jane e Ben… davvero.
- Grazie.
- Anzi, credo sia il caso che io li vada a salutare, anche la cosa mi inquieta un po’.
- Va’ pure… riprendiamo dopo - e la vide abbracciare timorosamente sua moglie e Reilly. Erano in buoni rapporti, prima che morissero. Felicia aveva aiutato Mary Jane ad affrontare tutta la storia del clone e Ben le aveva raccontato che era nato un certo feeling tra loro.
Ma era il momento di affrontare fantasmi peggiori, durante quell’interminabile corteo.
- Ciao, Betty…
- Peter…- rispose Betty Brant.
- È un po’ che non ci si vede.
- Sì…
- Come hai preso questa storia di Flash?
- Secondo te?
- Voglio dire… con tutte le questioni irrisolte fra di voi…
- Ascolta, Peter, non è il caso di rinvangare certi discorsi… sto male per Flash, punto e basta. Che i rimpianti abbiano il loro ruolo in tutto questo, è affar mio…
- Scusa, non volevo essere indiscreto.
- Lo so, Peter, non volevo essere acida… comunque auguri per il ritorno di Mary Jane e della bambina.
- Grazie… scusa ma devo salutare una persona…- e si allontanò di poco. - Liz!
Elisabeth Allen Osborn voltò appena la testa.
- Ciao - fu la sua tiepida risposta.
- Inaspettata, questa tragedia - esordì banalmente Peter.
- Vero… di solito quando ci sei tu le tragedie sono annunciate.
Peter non sapeva che ribattere ad una frase del genere.
- Peter, scusa la franchezza, ma ho paura a frequentarti. Ho saputo tutto quello che ha combinato mio suocero, so quanto volevi bene a Harry, ma… quando si tratta di te, c’è sempre una scia di guai. Harry è morto. Per non parlare di Norman, che ha rapito per l’ennesima volta il piccolo Normie, prima del processo.
- Lo so.
- Appunto.
- Ti ricordo che ha rapito le persone a me più care.
- Lo so… ma non è la tua azienda a essere sotto inchiesta dopo quel dissacrante processo… anzi, hai avuto anche la tua parte.
- Ok, Liz, se non vuoi avere più contatti con me, ti accontenterò, non voglio obbligarti - e tornò amareggiato dalla sua famiglia. Mentre il corteo stava per finire, poté osservare il dolore dei familiari e degli amici di Flash… e non poteva fare a meno di chiedersi dov’erano tutti quando c’era bisogno di loro. Ma con educazione, andò a fare loro le condoglianze.

Nella sepoltura le lacrime si moltiplicarono. Betty, Liz, Mary Jane, la sorella e la madre di Flash… il lutto le colpiva nelle fibre più sensibili del loro animo. Gli stoici uomini soffrivano in silenzio.
Così Peter diede un ultimo saluto a Eugene “Flash” Thompson, e con lui al suo passato.

- Mary Jane!! - gridava una voce anziana, alla fine della cerimonia. Zia Anna era arrivata in città e li aveva raggiunti. E con lei il padre Philip e la sorella Gayle. Si allontanò da Peter e li raggiunse. Li poteva vedere abbracciarsi gioiosamente. Forse il suo inaspettato ritorno era la giusta occasione per migliorare i rapporti con suo padre. Il fatto che fosse tornato a New York per vederla era un ottimo segno, anche se dopo sarebbero tutti tornati a casa per continuare le proprie vite indipendenti. Da lontano poteva vedere chiacchierare anche Ben Reilly e Betty Brant. Era naturale, visto che iniziavano a frequentarsi poco prima che egli morisse, avevano bisogno di chiudere formalmente quel capitolo bruscamente interrotto.
Peter li lasciò fare e non si lasciò sfuggire l’occasione di salutare ancora una volta i suoi zii, pilastri portanti della sua vita. Davanti alle lapidi di May e Ben, gli venne un magone. Pensava ai funerali di Paul Stacy e May celebrati solo qualche settimana prima. “Quante persone dovrò sotterrare?” pensava. E lo inquietava il pensiero che sotto quella strana lapide di May Reilly Parker, che citava due date di morte, c’erano altrettante bare… una per la donna che lo aveva cresciuto e una per il clone che lo aveva sostenuto prima e dopo la morte di Mary Jane. Aveva avuto almeno quella possibilità, ma non aveva pianto abbastanza la seconda perdita di sua zia. E si rese conto che era sbagliato. Solo perché era un clone non meritava di essere rimpianta? Ben era lì, a testimoniare che i cloni sono umani in tutto e per tutto, che hanno anche un’anima. E così, si sfogò in un finale, pianto liberatorio.

 Note
Sono soddisfatto di aver risolto, dopo ben nove episodi, tutte le maggiori questioni in sospeso delle serie ufficiali, così da potermi dedicare nei prossimi episodi ai nuovi risvolti delle storie Marvel IT. Gli appunti che devo farvi sono:  
a)
 ho lasciato la doppia nomenclatura per Deathurge/Latore di morte, per rispettare il senso originale del nome e per non disorientare trascurando l’adattamento italiano; 

b) l’idea di associare il personaggio a Oblio è di Fabio, per giustificare il fatto che Deathurge conosceva l’identità di Peter.  
 

Capitolo decimo
ATTI DI VENDETTA

Il funerale di Flash Thompson era stato uno strazio. Aveva costretto Peter non solo a rievocare il dolore per la fugace morte dell’amico, tanto fugace da non avergli dato il tempo di elaborare razionalmente l’evento – aveva rivisto Flash per pochissimi minuti dopo mesi - ma anche ad affrontare i fantasmi della sua vecchia vita… ossia, tutti coloro che avevano partecipato alla sepoltura e che Spidey non vedeva da tempo… Liz Allen, Betty Brant… aveva scambiato con loro pochissime e crude parole… erano cambiate troppe cose tra di loro.
Inoltre, era da poco trapelata la notizia dell’inaspettata confessione di Norman Osborn. Erano tutti molto scettici riguardo questa questione e anche un po’ invidiosi… perché Peter Parker doveva avere il privilegio di poter riabbracciare i suoi cari perduti?
Pete pensava anche a questo. Il gesto che aveva compiuto con Mary Jane gli conferiva, dentro di sé, un’aria di onnipotenza… poter riportare in vita i morti. Ma poi si rese conto che era solo un’eccezione. Tutto era stato possibile perché Spidey aveva scoperto, negli archivi di Osborn, la completa mappa genetica di Mary Jane (probabilmente fornita dal defunto Seward Trainer). E inoltre, anche se avesse avuto il genoma di altre persone da resuscitare, il dr. Strange non sarebbe stato così benevolo un’altra volta.
Come se non bastasse, Ben aveva scoperto di essere diventato un mutante… in realtà la famosa cura miracolosa a cui si era sottoposto aveva inscritto i suoi poteri in un cromosoma X… quindi, se le Sentinelle avessero attaccato New York come nell’assedio di Onslaught, lo avrebbero classificato come “mutante”. E lo stesso poteva succedere a Peter, una volta stabilizzatosi…
Dopo il funerale, cercò di scacciare tutti questi pensieri dalla sua mente. Ora che la sua famiglia era stata riunita, Peter pensava di potersi prendersi il lusso di abbandonare una volta per tutte la sua carriera come Uomo Ragno e di passare il testimone al suo clone Ben Reilly. Ma quest’ultimo non era troppo d’accordo.
- Cosa? Non vuoi fare l’Uomo Ragno? - chiedeva con un alto tono di voce Parker.
- Scusami, perché dovrei? Prima pensavo di essere l'Uomo Ragno originale… in questa mia nuova vita sono perfettamente consapevole di essere un clone con i tuoi ricordi… e sottolineo ricordi. Io non ho colpe da espiare… non ho causato indirettamente la morte di Ben Parker. La mia vita è falsa, non ho nulla per cui combattere. Devo solo godermi questa esistenza… se un giorno troverò un buon motivo per dire “Devo tornare a essere l’Uomo Ragno” lo farò. Ma ora come ora…
- Ben, non posso credere che tu stia parlando così… anzi, so perché lo stai facendo. E’ normale… io mi rivolgo a te come Ben, ma nel corpo che io vedo convivono il nobile Ben Reilly e il decaduto Kaine…
- Non so se sia questo il motivo, Peter.
- Ma tu sei stato il Ragno Rosso anche prima di convincerti che non eri un clone!
- Se ti può far star meglio, ci penserò.
Peter se ne andò amareggiato, verso la TriCorp.


Ravencroft Institute, cella di Goblin.
Peter Parker si era ricostruito una vita sulle sue spalle. Aveva conquistato un nome, una reputazione grazie al processo. Viveva di rendita grazie ai suoi soldi. Lo costringeva a confessare ciò che voleva e gli impediva di sputtanare i suoi segreti. Aveva fatto rinascere la Watson e Reilly con il materiale dei suoi scienziati. E nonostante tutto il rancore che provava, Norman Osborn era completamente inerme.


In una cella vicina…

Eddie Brock viveva ancora dentro di lui. Gli parlava e lo ossessionava. Era l’unica sua vittima che lottava ancora per la propria vita. Ma Carnage pensava solo a come uscire di lì. Il simbionte si era riposato e ricaricato. Stava raccogliendo le forze. Più passava il tempo sul pianeta Terra, più le sue capacità aumentavano. Privilegio di un essere della sua specie nato su un pianeta alieno. Prima era riuscito ad alterare il flusso sanguigno del proprio ospite in modo da potersi rigenerare sempre. Poi era diventato immune alle onde sonore. In seguito, aveva imparato ad assorbire i suoi simili. E chissà quale altro potere stava sviluppando, in quel momento, soprattutto dopo essere stato potenziato dall’assorbimento di altri sei simbionti [v. “L’Uomo Ragno”#1].

Nel frattempo, l’alieno aveva deciso che era tempo di darsi da fare. Il suo ospite veniva sempre più divorato dal cancro e, per quanto potente, non voleva o non poteva fare niente per aiutarlo. Aveva avuto un ottimo rapporto con l’omicida, ma prima o poi tutte le relazioni finiscono. Aveva bisogno di qualcuno sano, potente e, soprattutto, che non lo costringesse in una cella periodicamente. Sentiva che in quel luogo c’era qualcuno adatto a lui… l’ospite perfetto. Per questo, shockandolo, si separò completamente da Kasady, nonostante tutta la dopamina che scorreva nelle sue vene.
- No! Non lasciarmi! Perché lo fai? - gridava Cletus, ma, essendo la stanza insonorizzata [v. “L’Uomo Ragno”#3] nessuno poteva sentirlo. Non era come le altre volte… il killer sentiva che stavolta era definitivo. Sentiva le sue carni lacerarsi come quando avvenne la loro prima fusione. Il simbionte concentrò tutta la sua massa in un piccolo filamento e cominciò a picchiettare potentemente in un punto – sempre lo stesso – del vetro infrangibile che lo separava dal mondo libero. Sempre più forte. Finché non ebbe l’effetto sperato: si formò una microscopica crepa che gli permetteva di fuggire. Non suonò nessun allarme: evidentemente il danno era troppo inconsistente. Inoltre, le guardie che monitoravano era alquanto… distratte.

L’alieno, superato persino lo schermo a microonde – con una notevole dimostrazione di resistenza al dolore e al calore - andò nella direzione che gli indicava l’istinto. Si fermò davanti alla porta ermetica di una cella vicina. Era lì il suo obiettivo. La cella non era protetta come la sua, quindi vi entrò facilmente…
Norman Osborn rimase molto colpito nel vedere penetrare nella sua angusta dimora la creatura.
- Che ci fai qui? Che vuoi da me? - sussurrò Goblin. Però l’affinità tra i due, nonostante le diffidenze, venne a galla. Entrambi odiavano l’Uomo Ragno più di qualsiasi cosa al mondo. Erano tutti e due molto potenti… d’altronde, erano i peggiori nemici dell’eroe. Insieme cosa avrebbero potuto combinare?
La fusione non fu indolore per nessuno dei due. Ma una volta conclusa, il senso di potenza che pervadeva entrambi gli esseri era incontenibile. Il nuovo Goblin, per dare un primo sfogo alla sua rabbia repressa, sfondò la porta della sua cella, mettendo tutti in allarme.
- Presto! La cella di Goblin si è aperta! - gridava John Jameson, capo della sicurezza. Shriek, gli ex Vermin, Carrion e Uomo Lupo accorsero per l’emergenza. Quello che videro gli sconvolse.
In confronto al nuovo look di Goblin, sia l’ultimo, mefistofelico, design del suo costume [v.”L’Uomo Ragno”#6] sia il demoniaco Demogoblin sembravano teneri… roba per bambini. Il simbionte aveva assunto toni verdastri e violacei…l’espressione di Goblin era diabolica, con denti aguzzissimi e una lingua biforcuta.
I quattro si fermarono scossi, poi partirono all’attacco. Ovviamente Shriek tentò di fermare la nuova minaccia con il suo più potente colpo sonico, che non ebbe alcun effetto sull’indenne Goblin.
- Non mi fermerete - disse. Dal suo corpo partirono centinaia di filamenti che avvolsero il corpo di sicurezza del Ravencroft soffocandolo e facendo perdere i sensi ai suoi membri. Fortunatamente, Norman Osborn era ancora abbastanza lucido da evitare di ucciderli.
Purtroppo per lei, la dottoressa Ashley Kafka arrivò sulla scena preoccupata.
- Per il cielo! - gridò vedendo il mostruoso Goblin e i corpi svenuti dei suoi ex pazienti. Goblin si limitò a darle un potentissimo pugno che la scaraventò violentemente sulla parete. Sfruttando poi le capacità mimetiche dell’alieno, Osborn assunse le sembianze di un anonimo essere umano e uscì indisturbato dall’Istituto.
Dopo pochi minuti, Ashley raccolse le forze e si alzò. Si mosse lentamente verso il telefono e alzò la cornetta. Il primo numero che compose fu quello del cellulare dell’Uomo Ragno.
- Pronto?
- Peter, sono Ashley - disse con un tono tristissimo.
- Che è ti è successo?
- Peter… Goblin è scappato… non ne sono sicura, ma credo sia legato ad un simbionte alieno.
- Cosa?
- Tu dove sei?
- Al laboratorio.
- Corri a casa… se ho capito la psicologia di Norman Osborn, non perderà tempo a tormentare i tuoi familiari… vai, mentre chiamo aiuto. 
Abbassò la cornetta e digitò il numero privato delle emergenze del Ravencroft, che era collegato con i Fantastici Quattro e i Vendicatori. Sperava che, per una volta, qualcuno ci fosse. Fortunatamente, nel capannone del molo 4, qualcuno rispose.
- Sì?
- Sono Ashley Kafka del Ravencroft… chiamo per un’emergenza! Con chi parlo?
- Sono Johnny Storm.. mi dica, dottoressa.
- Sono scappati Goblin e Carnage… si sono alleati. Credo attaccheranno la famiglia Parker… sa di chi parlo? Il processo Osborn…
- Sì, era coinvolto anche l’Uomo Ragno… è sicura che Goblin sia diretto lì?
- No, ma è meglio proteggerli.
- Capisco… mi metterò subito all’opera… mi dia l’indirizzo.

La Cosa era l’unico membro del gruppo non indaffarato in quel momento. Chiese alla Torcia Umana cos’era successo e Johnny glielo spiegò. - Me la caverò da solo… Carnage è sensibile al fuoco. E poi volando ci arriverò in pochissimo tempo! Tu resta in ascolto… potrei aver bisogno di aiuto!
- Come vuoi, testa calda… ma Sue non sarà d’accordo.
- Occhi blu, adesso non ho tempo per queste cose… l’orologio cammina! Fiamma! - furono le sue parole, mentre spiccava il volo.

Spidey era agitatissimo. Se Goblin si era alleato con un simbionte, tutto poteva essere perduto. Casa sembrava non arrivare mai.
Ma qualcosa gli diede tempo prezioso. Durante il suo tranquillo viaggio verso casa Parker, qualcosa distrasse Goblin. Venom. Continuava ad urlare nella sua testa… sperava nella vittoria, dopo la separazione da Kasady. Norman, spazientito, si appartò in un vicolo per risolvere la questione. Lì, c’erano proprio due homeless che facevano al caso suo. Quando lo videro parlare da solo, uno dei due chiese:
- Ehi, amico, tutto bene?
In tutta risposta, Norman si trasformò in Goblin e li avvolse con un’estensione dell’alieno, senza neanche lasciar loro il tempo di gridare. Il simbionte scarlatto si opponeva a quel processo, ardentemente, ma in quel momento la volontà di Osborn prevaleva. Quando ritrasse i filamenti, al posto dei due senzatetto c’era… Venom!
Carnage si era opposto alla liberazione del suo padre biologico, nonché peggior nemico insieme all’Uomo Ragno. Ma Goblin era semplicemente seccato di quella voce che rimbombava nella mente. E aveva deciso di usare quei due umani come materiale biologico per la liberazione di Venom… simbionte ed essere umano compresi!
”Non preoccuparti, amico… Eddie Brock non ci nuocerà” disse, riassumendo sembianze umane e riprendendo la sua “passeggiata”, lasciando un Brock privo di sensi tra i cartoni.

Poco dopo, Peter rientrò a casa.
- Ciao, ragazzi - disse a tutti. Mary Jane, May e Ben gli andarono incontro.
- Ciao! Cos’è successo? Perché sei già di ritorno? - chiese preoccupata Mary Jane.
- Problemi? - aggiunse Ben.
- No… nessun problema - disse con un timbro di voce uniforme Peter, mentre appendeva il suo cappotto -Avevo solo voglia di vedervi… scusate, vado un attimo in bagno - e si congedò.
Sua moglie e il suo clone si sedettero nuovamente sul divano del soggiorno, ad ammirare New York dalla vetrata dell’attico.
- Non ti sembra strano Peter oggi? - sussurrò Mary Jane.
- Sì… il mio senso di ragno non è scattato, ma avverto qualcosa… ma non saprei proprio! Forse è una giornata no!
- Parlate di me? - disse una voce familiare alle spalle… e non era la voce di Peter Parker.
Ben e Mary Jane stavano seriamente rischiando di morire di infarto quando, istantaneamente, si voltarono e videro Norman Osborn dietro di loro. Mary Jane, con la bambina in braccio, si alzò e indietreggiò, balbettando e farfugliando qualcosa. Temeva per la vita della piccola May. Dal canto suo, Ben Reilly scattò in piedi e con falso coraggio (in fondo si trovava di fronte all’uomo che l’aveva massacrato e ucciso!) disse:
- Norman, che ci fai qui?
Goblin rispose.
- Sono solo venuto a trovarvi… perché vi scaldate tanto? - ma il suo sorriso inquietante rivelava le sue intenzioni. Ancora di più quando i suoi tratti mutarono, assumendo quelli più terrorizzanti del nuovo Goblin. I filamenti dell’alieno fecero il resto: i due cloni ne vennero avvolti e vennero scaraventati qua e là per la stanza. Le urla non lasciavano indifferenti… il pianto della bambina neanche, e Mr. Osborn ci godeva. “La bambina mi serve viva” diceva tra sé.
Peter, stavolta, rientrò davvero a casa. Ma quando arrivò in quella stanza, non voleva credere alla tragica scena che gli si parava dinanzi agli occhi.
“No” fu il suo unico pensiero, nel vedere concretizzati i suoi peggiori incubi.
- Benvenuto alla festa, mio carissimo amico - erano le sarcastiche parole di Goblin.
- Lasciali.
Gli saltò addosso, colpendolo con un destro, ma non ebbe nessun effetto. Goblin era inamovibile. Il mostro si limitò ad avvolgerlo con i suoi ennesimi filamenti. Raramente l’Uomo Ragno si era sentito così inerme contro un nemico. Come se non bastasse, gli girava la testa, come succedeva da giorni.
Per fortuna, una mano non tardò ad arrivare.
Improvvisamente, una luce invase la stanza dall’esterno. Era arrivata la Torcia Umana: era fuori della vetrata e gridava un ultimatum al mostro.
- Lasciali, Goblin, se non vuoi che ti riduca in cenere - gridò, abbastanza melodrammaticamente.
- Non prendo ordini da nessuno - rispose lo smisurato ego di Norman.
- L’hai voluto tu - replicò Johnny. Usò sapientemente i suoi poteri calorifici per fondere una “fetta” di vetrata abbastanza grossa da permettergli di entrare.
- Vieni pure, sei invitato ad entrare.
L’incauto Storm fece per planare all’interno dell’appartamento, ma Goblin fu più veloce di lui. Dal suo simbionte partirono migliaia di filamenti di un’appiccicosissima ragnatela, che imbrigliarono la Torcia Umana nella finestra.
- No! - cercava di divincolarsi l’eroe.
- E’ inutile che cerchi di liberartene. Più ti muoverai, più ne verrai involto [un no-prize a chi scopre l’autocitazione! NdMickey]. Inutile provare con la fiamma: è ignifugo.
La Torcia non riusciva a spiegarsi come un essere pirofobo potesse produrre una sostanza ignifuga, ma le sue parole erano alquanto fondate. Contorcendosi, Johnny stava soffocando sia se stesso che la sua fiamma.
Distratto dalla sfida del membro dei Fantastici Quattro, Norman aveva lasciato la presa sulle sue vittime. Mary Jane era svenuta, mentre la fisionomia più forte dei due Ragni aveva fatto loro conservare i sensi. Così non persero tempo, presero in braccio le due ragazze e si avviarono nel corridoio per raggiungere l’uscita, in modo da portarle in salvo. Il sadico Goblin li fece arrivare fino alla porta, ma spense i loro ardori sparando, con precisione incredibile, una tela che incollò la mano di Peter alla maniglia e l’intera porta al muro, impedendo la fuga.
- Mi offendete, se pensate che sia così ingenuo… arrivo subito da voi, il vostro paladino è fuori gioco… fra poco per sempre.
La Torcia Umana non poteva finire in quel modo, soffocato e strangolato da una sovrabbondante ragnatela viva (che avesse un legame psichico con il simbionte? Che avesse sviluppato questa nuova capacità?). La situazione, però, era tragica.
Non poteva non tornargli in mente quello che era successo qualche anno prima all'università, quando era stato attaccato contemporaneamente da Lija, Paibok e Devos e non aveva chance di sopravvivenza... e il colpo nova che istintivamente era partito per difendersi aveva finito per devastare tutto il campus [v. FANTASTICI QUATTRO 125]. Perdere il controllo in quella situazione cosa avrebbe comportato? I Parker erano a uno schioppo da lì. E soprattutto, non aveva nessuna intenzione di uccidere qualcuno. In realtà non aveva molto tempo per pensarci. Goblin era lì, a pochi passi da lui, e stava per fare una strage. Un massacro che avrebbe coinvolto se stesso, Peter Parker e la sua famiglia. Non poteva rischiare. Doveva usare con raffinatezza i suoi poteri.
Sfruttando tutto l'ossigeno presente nell'aria limitrofa (quella ancora in contatto con il suo corpo, avviluppato dalla tela aliena), Johnny rifulse di una luce che andava dal rosa salmone al colore del sole…una fiamma intensissima e circoscritta. La sua mossa aveva avuto l'effetto sperato: il calore della fiammata lo aveva liberato dalla tela ignifuga. E, come gli aveva fatto notare il suo occhio clinico raffinato dall’esperienza, quei filamenti di ragnatela viva erano psichicamente legati al simbionte. Lo shock per il feedback di dolore stava per far impazzire Goblin. La Torcia, ripresasi dallo sforzo, attaccò ancora il nemico con la sua fiamma, sapendo che il calore era l’unico punto debole del simbionte di Carnage.
Stavolta si stava controllando di meno: notava che ormai l’alieno era incredibilmente più resistente di quello di cui aveva letto negli archivi dei Vendicatori. Anche fiamme potentissime lo scalfivano poco. Così dovette alzare il tiro: e quando il fuoco iniziò ad assumere tonalità accecanti, Goblin gridò e la Torcia poté fermarsi per evitare di ucciderlo. Quando fumo e fiamme si diradarono, ciò che si presentava alla vista di Johnny erano il corpo di Norman Osborn (appena ustionato… una scottatura da spiaggia) e il simbionte liquefatto. Il membro dei FQ si chinò su di lui e si tranquillizzò, constatando dal collo che era ancora vivo.
Ben corse nella stanza.
- Uff che caldo - commentò. - E’ vivo? - chiese alla Torcia.
- Sì… dobbiamo chiamare in fretta qualcuno, prima che si riprendano! E comunque se hai caldo posso fare qualcosa.
Si concentrò e assorbì tutta l’energia termica della stanza.
- Brr… ora fa freddo - disse Ben sorridendo… ormai il peggio era passato.

La Torcia Umana liberò Peter con la fiamma e chiamò i Guardiani della Volta, a cui era stato affidato stavolta Goblin. Avrebbero preso misure di sicurezza estreme nei suoi confronti.
- Signora Parker, sicura di stare bene? - chiese Johnny.
- Sì, sì. Grazie - gli rispose. Anche lei aveva il fattore di guarigione che le conferivano i “corpuscoli”.
Dopo un’ora, la situazione si era stabilizzata. Il simbiotico Goblin era stato rinchiuso (e probabilmente la chiave buttata). Tutti si erano tranquillizzati. Johnny, prima di andarsene, chiacchierò con Peter.
- Tutto è bene quel che finisce bene… l’Uomo Ragno è un tuo amico, vero?
- In un certo senso…
- Peccato che non sia intervenuto, avrei voluto salutarlo… sarà per un’altra volta… ora devo proprio andare! Spero di continuare la conversazione in un’occasione migliore.
- Lo spero anch’io, sig. Storm.
E si salutarono, l’uno ignaro di aver parlato con la persona con cui desiderava farlo.

Ashley Kafka chiamò Peter.
- Sono mortificata… il Ravencroft ha messo in pericolo la vostra vita.
- Ashley, so che non potevate fare altro… non preoccuparti per me.
- Ma Mary Jane e May come stanno?
- Stanno riposando… erano abbastanza scosse.
- Come minimo…
- Ma mi preoccupo per te… hanno affidato Goblin alla Volta! Perché?
- Stanno aprendo un’inchiesta sull’evasione di Carnage… finché non sarà risolta…
- Spero questo non intacchi la reputazione dell’istituto.
- Infatti… ma c’è un altro problema.
- Quale?
- Qualcuno altro ha approfittato del caos per fuggire… Cletus Kasady.
- Proprio lui!
- Sì… è senza simbionte, ma credo sia comunque pericoloso. E non so come ha preso la separazione.
- Ci mancava solo lui… cavolo, avevo deciso di non giocare più a fare il supereroe, e invece…
- Peter, se non te la senti non devi. Rimani con la tua famiglia… potrebbe essere in pericolo.
Peter trasalì.
- Nelle sedute parlava spesso della tua famiglia…
- Non c’è da preoccuparsi… ha perso il ricordo della mia identità.
- Ma non dell’esistenza dei Parker.
 Peter non rispose.

Note
Peter ha sottoposto anche il corpo clonato di Mary Jane alla “cura  corpuscoli”  appena prima della minisaga Ward. Per chiarire: questi miracolosi corpuscoli rendono immuni alle malattie e guariscono velocemente le ferite. Notevoli, no?

Capitolo undicesimo
IL MALE DI CLETUS


"Nulla come cercare di cambiare ciò che rivela una visione contribuisce a realizzarla."

 

E' strano avere la possibilità di ricominciare, di lasciarsi tutto alle spalle e guardare avanti serenamente. Questa opportunità era stata finalmente data a Peter Parker, conosciuto da alcuni come Uomo Ragno. Negli ultimi mesi aveva dovuto affrontare le sue battaglie più dure, sia fisicamente che psicologicamente, ma ne era uscito e il suo coraggio era stato ricompensato con il ricongiungimento alla sua famiglia: sua moglie Mary Jane, sua figlia May e il suo fratello putativo (in realtà suo clone) Ben Reilly, che, dopo varie peripezie, in un modo o nell'altro, erano tornati dal regno della morte.
Non c'erano neanche più problemi economici incombenti. Sembrava andare tutto bene per Peter… aveva aver abbandonato per sempre il suo costume e poteva godere della sua famiglia ritrovata.
Ma quando qualcuno non solo è un uomo-ragno, ma è anche stato l'Uomo Ragno, non lascia facilmente il suo retaggio...

Casa Bradford.
Era davvero inebriante vedere quella famigliola sventrata. Il perfetto signor Jack Bradford, stimato professore della Empire University; la piacente signora Emily, popolare membro di varie associazioni di beneficenza; i figli Jonathan e Christina, realizzati nello studio e nella vita sociale. Tutti galleggiavano nel loro stesso sangue. Si mise a curiosare in quella graziosa casa, silenziosa come mai, arredata con gusto. Poi scelse una parete abbastanza sgombra. Si intinse le mani del sangue dei Bradford e scrisse a chiare lettere un nome sul muro.
Fatto ciò, andò in bagno e si sciacquò. Aprì l’armadietto dei farmaci e prese qualcosa. Prese un vestito del signor Bradford e lo indossò. Curiosò nei cassetti e trovò una pistola. La prese, la caricò e poi lasciò l’appartamento.

Manhattan, casa Parker, primo pomeriggio.
-
Ben, sono preoccupato… leggi qui - disse Peter, porgendogli il Daily Bugle di quel giorno. Il clone prese a leggere nel punto che Peter stava indicando con l’indice. Dopo aver dato una lettura veloce, commentò.
- Peter, non capisco di cosa tu abbia paura.
- Hai letto, Ben? Negli ultimi due giorni sono state massacrate sei famiglie… la tipologia è sempre la stessa: serene, unite, benestanti. Famiglie perfette, insomma.
- Ancora non capisco.
- Ho parlato con la Kafka… secondo lei è tutta opera di Cletus Kasady.
- Kasady? Non credo, non è il suo modus operandi! Lui uccide casualmente, per il puro gusto di uccidere! Confermamelo… tu lo hai affrontato molte più volte di me.
- Secondo Ashley era così… ma dev’essere successo qualcosa di traumatizzante. Lei ipotizza che la definitiva separazione dal simbionte gli abbia provocato uno shock non indifferente… tale da trasformarlo da mass murderer a serial killer.
-
Spiegati meglio.
- Gli assassini di massa uccidono un’elevata quantità di vittime in una volta e soprattutto casualmente… invece gli assassini seriali uccidono una precisa tipologia di persone e ogni vittima dopo un certo intervallo di tempo…
- E Kasady è diventato un serial killer.
- Sì… uccide questo tipo di “famiglia perfetta”. Lei ipotizza che sia una rivalsa inconscia contro i suoi genitori… suo padre, in particolare, che lo ha talmente traumatizzato durante l’infanzia da renderlo lo psicopatico che è adesso.
- E’ una cosa abbastanza bizzarra… ma tu perché hai paura?
- Ben… Ashley mi ha detto che, nonostante abbia perso il ricordo della mia identità segreta, Cletus non ha dimenticato la famiglia Parker… ha letto dai giornali come ci siamo miracolosamente ricostruiti.
- Carnage legge i giornali?
Peter sorrise e poi continuò.
- Quindi con tutta probabilità siamo uno dei suoi bersagli.
Preoccupato, Ben prese il giornale e si mise a sfogliarlo per distrarsi. Qualcosa in terza pagina lo colpì.
- Non è possibile! - gridò.
- Cosa? - chiese Peter.
- Qui dice che una Donna Ragno ha catturato Venom…[v. “La Donna Ragno”#1]
- Venom? Ma è morto!
- Così credevamo… che Charlotte Witter si sia messa a giocare alla supereroina? 
- Non ci capisco più niente! - commentò stufo Peter - Ma non ne voglio sapere niente… abbiamo già un problema da risolvere…
Non aveva neanche parlato che la situazione sembrò complicarsi. Improvvisamente Ben Reilly si portò le mani al capo e lamentò qualcosa.

Un dolore lancinante gli pervase la testa. I suoi poteri di Kaine si stavano manifestando come non succedeva da tempo… il potenziato senso di ragno – in pratica una facoltà di precognizione – gli mostrò una scena agghiacciante: Desiree Winthrop, riversa per terra, in un lago di sangue. Ma la scena era molto vaga… ma non abbastanza da non fare agitare Ben.
”Desiree!” pensò. Dopo un incontro fugace settimane prima [v. “L’Uomo Ragno”#6], prima della sua guarigione, non l’aveva più contattata. Le aveva detto che non voleva vedere nessuno in quello stato e che rimandava un loro rendez-vous al giorno in cui si fosse ripreso. Quel momento era arrivato una settimana prima, ma non l’aveva chiamata. E ora quella raccapricciante visione gliela riportava alla mente.
- Ben, cos’hai? - domandò agitato Peter.
- Ho avuto una visione… Desiree ferita a morte… devo chiamarla e avvisarla del pericolo - rispose, così cercò il suo numero, che aveva riposto da qualche parte, e chiamò, mentre Peter continuava a fissarlo perplesso.
- Sì?
- Desiree, sono Ben.
- Ben…
- Scusa se non mi sono fatto sentire…
- Ho letto sui giornali che sei tornato in società… sano come non mai.
- Se sei arrabbiata hai ragione, ma possiamo discuterne a voce… Desiree, sei in pericolo di vita.
- No…
- Cosa?
- Anch’io ho un brutto presentimento… tu cosa sai?
- Io ho avuto un’orribile flash, Desy… dove sei, adesso?
- A casa… vediamoci al Daily Grind.
- Ok.
Ben abbassò la cornetta.
- Peter, devo andare.
- Ok… fammi sapere, però.
Reilly uscì di corsa, sperando che la scena non si sarebbe concretizzata nel tragitto tra casa Parker e il bar.
Il bar… ritornarci avrebbe comportato rivedere Shirley Washington – la proprietaria del locale -, suo figlio Devon e tutta la gente che abitualmente frequentava la tavola calda, come il vecchio Buzz.

 

Ravencroft.
Ashley Kafka stava passando le sue giornate incessantemente al telefono. Voleva qualsiasi informazione su Cletus Kasady. Nessuno credeva fosse lui lo stermina-famiglie, ma lei lo conosceva più di chiunque e ne era convinta. Quello che aveva scoperto dalle indiscrezioni dei detective è che sul luogo del delitto gli armadietti dei farmaci erano sempre svuotati, di solito sprovvisti di analgesici; inoltre l’assassino scriveva col sangue, sui muri, il cognome della successiva famiglia da colpire. “Si è preventivamente informato sulle sue vittime” deduceva la psichiatra. Stavolta una famiglia Smith sarebbe scomparsa dalla faccia della Terra.
”Sei furbo, Cletus… più di quanto pensassi. Con tutti gli Smith che ci sono a New York, è impossibile avvisare i tuoi bersagli in tempo…ma tu stai male, ti stai rimpinzando di antidolorifici… senza il simbionte stai malissimo” continuava a pensare.

Daily Grind.
L’espressione attonita di Shirley fu molto eloquente.
- B-ben…- balbettò.
- Ciao, Shirley!
- Avevo sentito che eri tornato, ma… vederti…
- Anche a me fa un certo effetto - le disse abbracciandola.
- Tutto bene? - le chiese.
- Sì, sì…
- Ehi, Devon! Come va?
- Ben! - gli urlò saltandogli addosso.
- Devi raccontarci un sacco di cose! - gli diceva Shirley.
- Ne abbiamo tutto il tempo… ora avrei un appuntamento con Desiree.
- Ah, capisco… ve la intendete di nuovo?
Ben sorrise. - Vedremo… Buzz dov’è?
- Adesso non c'è! 
- Oh… mi dispiace un casino… sono affezionato a quel mattacchione, volevo salutarlo...
- Vedrai che ne avrai presto la possibilità!
Desiree irruppe nella tavola calda interrompendo il discorso.
- Ben! - fece, emulando il gesto di Devon.
- Desy…- disse, baciandola su una guancia.
Si sedettero ad un tavolino.
- Allora… che mi dici? - iniziò lei.
- Desy, presto ti racconterò tutto quello che mi è successo… ma ora abbiamo una questione più urgente da affrontare.
- La tua visione.
- Anche tua, se ho capito bene.
- Bè, io ho solo delle sensazioni.
- Peter me ne ha parlato… non ci avrei creduto tempo fa, ma ormai…
Lei sorrise.
- E tu come mai hai avuto una visione? E’ la prima volta?
- Ehm… diciamo di sì. Ti ho vista pugnalata a morte.
- E’ tutto così inquietante… ma con te mi sento al sicuro.
- Mi fa piacere… vorrei portarti a casa, ma non so se è il luogo più adatto.
- Perché? Ti vergogni di me?
- No! Scherzi? E’ solo che… un serial killer ha preso di mira la famiglia di Peter.
- Oh!
- Infatti… cioè, non ne siamo proprio sicuri.
- Bè, né tu né Peter siete degli sprovveduti… io sinceramente mi sentirei più al sicuro, se potessi rimanere a casa tua… con te.
- Allora faremo come dici.

Poco dopo…
- Bella questa casa - commentava Desiree.
- Sì.. non appena Mary Jane e la bambina si svegliano, le saluti.
- Certo… non voglio mica disturbare.
Il telefono suonò e Ben rispose.
- Sì?
- Ben! Grazie a Dio… prendi Mary Jane e la bambina e scappate… ci vediamo al Ravencroft!
- Peter, che succede?
- Kasady… ha lasciato un messaggio sull’ultima scena del delitto… sta venendo da noi.
Di sottofondo alla veloce conversazione, Ben sentì passivamente il suono del campanello, la voce di Desiree che diceva prima “Vado io, non preoccuparti” e poi “Ben, avete ordinato pizze?”, mentre la porta si apriva.
”Pizze?” pensò Ben. Improvvisamente il senso della sua visione divenne più chiaro. E più agghiacciante.
Lasciò cadere sul pavimento il cordless, ignorando Peter che urlava “Ben, che succede? Ci sei?”. Tutto gli sembrava muoversi al rallentatore. L’ingresso dell’appartamento gli sembrava lontanissimo. Nonostante la sovraumana agilità delle sue gambe, i corridoi sembravano allungarsi e le stanze dilatarsi… finalmente raggiunse Desiree, giusto in tempo per vedere una delle scene più sconvolgenti della sua vita, che si sarebbe marchiata a fuoco nella sua memoria. Quel coltello che si sfilava dall’addome della ragazza. Il sangue di cui era macchiato. I rantoli di dolore di Desiree. Il suo corpo riverso per terra in un lago scarlatto… come nella sua visione.
Alzò brevemente lo sguardo e fissò il volto dello scellerato che aveva compiuto quel gesto e il suo dolore centuplicò quando lo riconobbe… Cletus Kasady, il folle serial killer da cui doveva guardarsi la famiglia Parker. Con il coltello insanguinato in una mano, uno sguardo folle e un sorriso di soddisfazione, rimaneva a contemplare il suo delitto.
Non ancora lucido, Ben lo ignorò e si lanciò sul pavimento, verso il corpo di Desiree. La prese tra le braccia, invocando il suo nome, ma la ragazza non rispondeva… sanguinava soltanto. La rabbia lo colse: si voltò verso Kasady, gli saltò addosso con slancio facendolo cadere pesantemente dalla rampa di scale antistante la porta.
Scattò in piedi, corse verso il telefono, chiamò l’ambulanza, in una serie di gesti automatici. Poi tornò da Desiree, naturalmente ancora priva di sensi. Guardò in fondo alle scale: Cletus Kasady si stava rialzando.
Per fortuna qualcuno arrivò a salvare la situazione. L’ascensore si aprì e ne uscì Peter. Gli ci volle qualche secondo per comprendere la situazione.
- Peter, occupati di Kasady… io porto Desiree all’ospedale - disse entrando nell’ascensore, con la ragazza esanime in braccio.
Le porte si richiusero. Peter si girò istantaneamente per un monito del suo senso di ragno e si ritrovò una pistola puntata alla tempia.
- Kasady, una pistola… non è da te - disse con freddezza Peter.
- Dunque, sig. Parker, mi conosce bene… tutto coincide… come io ho letto di te sui giornali, tu avrai letto di me… e poi sei un amico intimo dell’Uomo Ragno… ti racconterà tutte le sue prodezze… bé, domani dovrà raccontarle a qualcun altro.
- Kasady, tu sei malato, non dovresti essere in giro a sterminare famiglie.
- Hai ragione… le metastasi del mio cancro allo stomaco sono diffusissime. Sono un tumore ambulante. Credo di poter morire da un momento all’altro. Ma la soddisfazione di uccidere il miglior amico dell’Uomo Ragno me la devo togliere. Ci sono le tue ragazze dentro?
- No, sono in giro.
- Trucco vecchio come il mondo, Peter…
Cletus indietreggiò con la pistola puntata ed entrò in casa.


General Hospital, nello stesso momento.
Stavano portando Desiree d’urgenza in sala operatoria.
- Dottore, ce la farà? - chiedeva Ben, correndo parallelamente ai medici verso la sala.
- Signor Reilly, se la mia diagnosi è esatta, alla ragazza è stata recisa l’arteria epatica… è completamente dissanguata… faremo il possibile.
- Ci conto - sussurrò Ben fermandosi davanti alla porta della sala.

Casa Parker.
Non ci sarebbe voluto niente corrergli dietro e fermarlo con i suoi poteri. Ma allora perché Peter non aveva ancora mosso un muscolo? Stava ancora elaborando la bizzarra situazione. La testa gli girava come poche volte… sentiva le gambe come burro. Ma quando si rese conto che in casa c’erano Mary Jane e May che riposavano, ritrovò tutta la forza necessaria e rincorse Kasady.
Fortunatamente qualcosa lo aveva bloccato. Era nel corridoio, piegato, sul pavimento… e vomitava sangue.
- Kasady, cos’hai? - chiese con insolita premura. Del resto non poteva stare fingendo.
- Maledetto cancro… ma questo non mi fermerà, Parker…-  sospirò, perdendo i sensi.

General Hospital, venti minuti dopo.
- Che dicono i medici? - chiedeva Ben Reilly a Peter.
- Dovrei chiederti la stessa cosa… comunque Kasady è in coma, il tumore si è esteso troppo… non gli rimane molto da vivere.
- Giustizia divina - sentenziò Ben.
- Non dire così… per quanto quell’uomo sia diabolico, non sta a noi giudicare se…
- Peter… taci.
Spidey rimase un po’ contrariato per l’atteggiamento del suo clone, ma fu comprensivo.
Quando un chirurgo si avvicinò, a entrambi gelò il sangue.
- Mi dispiace, ragazzi… non ce l’ha fatta, ma…
- … avete fatto tutto il possibile - continuò Ben, con gli occhi già lucidi.
- Ben… - disse Peter mettendogli una mano sulla spalla, ma il ragazzo la rifiutò con violenza e corse fuori dall’ospedale.
Anche Mary Jane, seduta lì vicino con May in braccio, abbassò il capo, avendo già intuito cosa era successo.
Peter le si sedette accanto.
- E’ terribile - disse la rossa.
- A chi lo dici… proprio non ci voleva.

Fuori dell’ospedale.
In lacrime, su quella panchina, Ben Reilly stava riflettendo sul senso di tutto quello che era successo. Perché Desiree? Proprio ora che con lei stava cercando di ricostruire la sua vita… finalmente poteva nascere qualcosa di serio fra loro, dopo tutte le titubanze. E invece un mostro come Cletus Kasady gliel’aveva portata via… e per sbaglio, per giunta. Non era una Parker. Ma la loro maledizione aveva colpito anche lei.
Un dubbio lo assillava… Peter gli aveva parlato di Deathurge e della probabile causa di morte di Flash. Che questo valesse anche per lui? Che il suo ritorno in vita avesse quel prezzo… la vita di una persona cara?
La cosa che più lo martoriava era un’altra, però. Lui aveva predetto quello che era successo! E non era riuscito ad impedirlo! Non avrebbe mai potuto perdonarselo! Non doveva portarla a casa, con il pericolo che incombeva… il destino aveva fatto in modo che lui rinascesse nel corpo di Kaine, che avesse facoltà precognitive… che avesse un tale potere… no, non voleva risentire quell’odiosa frase. Ma stavolta calzava a pennello. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.

Peter interruppe i suoi pensieri.
- Se ti può far piacere, Kasady è andato.
- Grazie… finalmente una buona notizia.
- Ben, so che sei sconvolto, ma non puoi parlare in questo modo.
- Peter, ricorda che non sempre parli con Ben Reilly.
Peter fu interdetto e inquietato da quella frase. Inconsapevolmente, spesso parlava con Kaine? Un secondo dopo Ben riprese a parlare.
- Peter… devo scontare quello che è successo… sarà retorico, ma tornerò a essere l’Uomo Ragno. Ripagherò la vita di Desiree con tutte quelle che salverò nei panni di Spidey.


Capitolo dodicesimo
EVOLUTIONARY WAR
crossover con gli X-Men


Manhattan, casa Parker, primo pomeriggio.
La famiglia Parker stava facendo colazione.
Ben aveva ancora le mani nei capelli per quello che era successo. Non riusciva ancora ad accettare che Desiree, una ragazza molto più che un’amica per lui, fosse stata uccisa per colpa sua – in un certo qual modo. Per questo aveva deciso di rivestire i panni dell’Uomo Ragno. Finora non aveva avuto occasione di farlo, visto che c’era stato il suo funerale. I Parker erano abbastanza stanchi. Quando tutto sembrava andare per il meglio, una tragedia li colpiva.
- Peter… stavo lentamente ricostruendo la mia vita. Forse sarei tornato a lavorare al Daily Grind, ma ora… non posso metterci più piede. Vedrei ancora il fantasma di Desiree, lì. E poi, nonostante il nostro ottimo rapporto, Shirley è rimasta contrariata per quello che è successo… non appena sono tornato, Desiree è andata. Ho perso anche loro… non abbiamo più nessuno. Anche tu… Liz, Betty, Flash, il Bugle… i tuoi vecchi amici.
- Hai ragione, Ben. Ma sono successe troppe cose in questi due mesi. La gente cambia anche per cose minori… io sono cambiato tantissimo, e con me è cambiato il mio mondo. Vorrà dire che ci rifaremo una vita. Troverai un lavoro che ti soddisfi. Avremo nuove amicizie. Non disperare. Siamo tutti segnati da questi interminabili lutti. Spero davvero che ce ne risparmino altri.
- E riguardo a Desiree, Ben – intervenne Mary Jane – non devi sentirti in colpa, non è stata colpa tua. E’ stato un insieme di coincidenze inquietante… quello che sto per dire potrà sembrarvi orribile, ma credo sia stato il destino… affinché ci fosse un Uomo Ragno [da quando mi chiamo “Destino”?!
J NdMickey ]. E poi, anch’io ho dovuto superare un enorme scrupolo che gravava sulla mia coscienza.
- Quale? – chiese stupito Peter, che non ne sapeva niente.
- Per uccidermi, Goblin ha sacrificato tutte le persone che erano con me, su quell’aereo. Io invece sono qui… ci avete mai pensato?
Ammutolirono.
- Tesoro, perché non ti sei mai confidata con me? Avrei…
- Non preoccuparti, Tigrotto, è tutto passato! – disse sfoggiando un sorriso a trentadue denti.  – Lasciamoci definitivamente il passato alle spalle! Me lo promettete?
I due Peter Parker annuirono.
- Bene…e  dopo questa sana conversazione, vi lascio! Il dr. Twaki mi ucciderà, se arrivo in ritardo! E quel simpaticone di Javier Caldrone non perde occasione per fare la spia!
Diede un bacio alle sue ragazze e lasciò casa Parker.

Wundagore, nelle stanze private dell’Alto Evoluzionario.
Herbert Edgar Wyndham trovava sempre più frustrante la sua condizione umana. E cercava in ogni modo di liberarsi da quello stato vile (certo, dopo aver raggiunto lo stato di divinità, difficilmente si può restare semplici umani molto a lungo). Stava lavorando giorno e notte alla progettazione di una nuova macchina evolutrice [v. “I Difensori”#6, per esempio] che rinverdisse i suoi vecchi fasti. E finalmente ci era riuscito.
L’aveva costruita. Era molto più sofisticata e mirata della precedente.
Aveva chiesto ai suoi Nuovi Uomini di lasciarlo solo, perché stava per sottoporsi trepidante al suo raggio.
Si chiuse in una cabina e con un comando vocale accese la macchina. In pochi secondi l’abitacolo venne inondato dalle energie evolutive generate dal fantascientifico apparecchio di Wyndham.
Lo scienziato poteva sentire il suo stesso DNA alterarsi e condurlo verso una natura superiore. Avvertiva l’espansione della sua mente, le possibilità che venivano offerte al suo corpo. Poi il timer che aveva precedentemente impostato fermò il processo.
Uscì dalla cabina completamente rinnovato. Poteva ascoltare chiaramente i più reconditi pensieri dei suoi Nuovi Uomini. Poteva assumere qualunque aspetto. Era lì la vera essenza della sua umanità: la facoltà di avere il totale controllo del proprio corpo e della propria mente. I suoi poteri psionici raggiungevano le vette toccate dal giovane Franklin Richards.
Aveva fatto tutto questo per ricostruire la Controterra, che ingiustamente gli era stata sottratta da popoli alieni.
Stavolta non avrebbe sbagliato. Avrebbe creato una specie umana priva di difetti. Con le sue facoltà mentali sarebbe stato facile cogliere gli errori nell’evoluzione dell’umanità ed evitarli. Sarebbe stato anche facile assemblare un pianeta agli antipodi dell’orbita terrestre, radunando asteroidi e detriti spaziali con la sua illimitata telecinesi. Ma popolare quel pianeta… no. Franklin Richards era riuscito a creare un intero universo popolato, ma Wyndham sentiva che c’era qualcosa, in quel bambino, che sfuggiva addirittura alla sua comprensione [in confidenza… in realtà sfugge alla mia!
J NdMickey]. Non avrebbe potuto popolare la Controterra con un semplice pensiero. Presto avrebbe creato i suoi Adamo ed Eva in laboratorio… esseri perfetti da cui tutti gli abitanti della Controterra sarebbero nati. Ma aveva bisogno di accelerare il processo.
Aveva sempre visto la clonazione come un grosso ostacolo all’evoluzione. Ma i suoi Nuovi Uomini – che stavolta non avrebbero avuto niente a che fare con gli animali – sarebbero già stati al culmine dell’evoluzione umana, quindi non c’era pericolo. Aveva tutti i dati sul processo clonativi elaborati dal suo discepolo rinnegato Miles Warren, il defunto Sciacallo. Ma se doveva popolare la sua Terra di cloni, doveva avere prove tangibili che i loro corpi avessero la qualità di quelli naturali. E per scoprirlo, aveva bisogno di esami pratici.
Si concentrò e usò la sua mente per scovare le giuste cavie su tutto il pianeta, prima, e per teleportarle a Wundagore, poi.

TriCorp Foundation.
Era ad un ottimo punto, con la sua ricerca. Merito soprattutto dello scomparso dr. Octopus e di quello che aveva imparato da lui. Javier non faceva altro che ricordarglielo.
Il dr. Twaki entrò nel laboratorio di Peter.
- Oh, salve, dottore.
- Peter… sono molto soddisfatto di come procede il tuo lavoro. Sono sorpreso. Certo, se non ci fosse stato quell’incidente, giorni fa, probabilmente tu e il dr. Octavius avreste già vinto un Nobel per la Medicina. Ma voglio darti un’altra opportunità, anche se Otto è scomparso.
- Un’altra opportunità? In che senso?
- Tempo fa mi hai espresso la tua preferenza di lavorare solo con Octavius… ma credo che ora non ti dispiaccia essere affiancato nelle tue ricerche. Le equipe raggiungono migliori risultati in minor tempo.
- Dove vuole arrivare, dottore?
- Javier Caldrone e Stan Hardy faranno parte del tuo nuovo team. In fondo le loro conoscenze di chimica molecolare e di genetica saranno molto utili. Ma non finisce qui. Due tue cavie ti affiancheranno. Avevano lasciato la città dopo le recenti questioni, ma li ho contattati. L’aiuto del dr. Morbius e del dr. Connors accelererà le tue ricerche e sono convinto che insieme potrete riformulare la cura corpuscoli.
- Mi sta dicendo che lavorerò al loro fianco?
- Sì… spero sia cosa gradita.
- Ehm… certo! Il dr. Morbius è un premio Nobel… sarà un vero onore.
Quando Twaki se ne andò, Peter poté pensarci su. “Cavolo… chi me lo doveva dire che avrei lavorato con Morbius e Lizard?”
Caldrone entrò nel laboratorio.
- Ho saputo… io che affianco te, e non il contrario! Questo è un mondo malato! – gridava lo scienziato.
- Javier… questa è una grossa opportunità per entrambi e...
Caldrone si girò, senza rispondere, e sbatté la porta offeso.

Poco dopo, la mente di Peter Parker venne scossa da un messaggio telepatico.
*Uomo Ragno, sono Charles Xavier. Contatta gli X-men e accorrete a Wundagore. Sono prigioniero dell'Alto Evoluzionario insieme a Mary Jane Watson, Ben Reilly e Gwen Stacy. E’ stato uno sforz…*.
Il messaggio si interruppe.
Sul momento Peter non riuscì a connettere. Era un messaggio telepatico del professore Xavier degli X-men. Aveva nominato tre persone vicine a lui... doveva aver letto nella loro mente e appreso il nesso con l'Uomo Ragno, avvertendolo. Ok. Mary Jane e Ben prigionieri dell'Alto Evoluzionario? E Gwen Stacy?
Doveva sbrigarsi. Doveva avvisare gli X-men. Ma per far questo doveva tornare a casa.

Stabilì un record. In cinque minuti fu nel suo attico. Era deserto.
”Allora è vero”. Poi sentì la piccola May piangere. Era rimasta sola. “Oh mio dio”. La prese in braccio e la calmò. Nel frattempo, alzò la cornetta e chiamò zia Anne, che soggiornava in un albergo della Grande Mela da qualche giorno, dopo il ritorno di Mary Jane, indecisa se trasferirsi a Manhattan o meno.
- Zia, vieni a casa! Devo lasciarti la bambina… è una questione urgente!
- Peter? E’ successo qualcosa a Mary Jane?
- Anne, niente che non possa risolvere. Solo che lei e Ben non possono occuparsene, al momento. Siccome vado molto di fretta, la lascerò ai vicini… non puoi sbagliare, c’è solo un altro appartamento sul piano. Ciao!
E chiuse senza neanche salutare. Recuperato il costume di Ben, che si era ripromesso di non indossare più, rispolverò da un cassetto una vecchia rubrica con numeri d'emergenza. La sfogliò e compose con dita tremanti le cifre interessate. Stava chiamando la scuola dei mutanti di Westchester. Il telefono squillò a lungo, finché non rispose qualcuno.
- Pronto?
- Salve, sono l'Uomo Ragno… con chi parlo?
- Seh, e io sono Babbo Natale – rispose Jubilee.
- Passami Fenice… è urgente.
Dubbiosa, la ragazza eseguì.
- Jean Grey?
- Sì?
- Sono l’Uomo Ragno… Peter.
La mutante usò i suoi poteri per controllare che fosse davvero lui. Fece viaggiare attraverso i cavi del telefono, alla velocità del pensiero, una sonda psichica che raggiunse l’interlocutore. E rilevò qualcos’altro.
- Ragno! Cos’è successo al professore?
- Cavolo, mi scannerizzi a distanza? Mi ha avvisato che è stato rapito dall’Alto Evoluzionario.
- Cosa? Quando? E perché non ha avvisato noi?
- Ci sono dei miei cari, con lui. Ma non era lì con voi, quando è successo?
- No… era in città! Andiamo a preparare il Blackbird!
- Potreste passarmi a prendere? Sarò sulla cima dell’Empire State Building.
- A dopo, allora.

Immediatamente, Fenice ragguagliò i suoi compagni della situazione con un messaggio telepatico.
- Allora, chi viene con me? – chiese.
- Io no – disse Rogue, che era stata ferita nello scontro con la Covata [v. “Gli Incredibili X-men”#1/3].
- Io rimango a farle compagnia… non posso essere molto d’aiuto, senza poter usare gli ESP, e poi ho un po’ di mal di testa.
- Come vuoi, Psylocke. Comunque… Tempesta, vuoi stabilire tu i gruppi e i dettagli della missione?
La nera abbassò lo sguardo.
- Cable, te ne occuperesti tu? Dopo quello… che è successo, non credo sia il caso.
- Come vuoi, Ororo… allora, saremo della partita io, Tempesta, Fenice, Arcangelo, Nightcrawler, Bestia, Colosso, Wolverine e l’Uomo Ghiaccio… credo bastino contro l’Evoluzionario.
- Non ne sarei così sicuro – ironizzò Logan – ma visto che abbiamo fretta…
- Allora andiamo.

Casa Parker.
Avvisati gli X-men, restava il problema May.
Bussò alla porta dell’appartamento accanto al suo. Gli aprì una bella ragazza.
- Sì?
- Oh… salve! Sono Peter Parker, abito accanto a lei… disturbo?
- No, mi dica.
- Sto scappando… mia zia sta arrivando e le ho detto che avrei lasciato la bambina qui… le va bene tenerla per pochi minuti? A momenti arriva.
- Nessun problema, si figuri.
- Gentilissima… poi la ringrazierò debitamente, signora…
- Sarah Finn.
- Arrivederci, allora.
Rientrò in casa di corsa, vestì il costume da Uomo Ragno, aprì il passaggio che lo portava sul tetto del grattacielo e con un po’ di tela raggiunse il luogo dell’appuntamento. Aveva paura, perché continuava a sentirsi debole e vulnerabile, dopo la faccenda della trasfusione di Ben. I giramenti di testa e il senso di inadeguatezza avevano anche rischiato di non poter fronteggiare Cletus Kasady e gli stavano precludendo molte situazioni. Ma si fece forza e arrivò sulla cima dell’Empire State Building.
Dopo pochi minuti di attesa, era a bordo del Blackbird.
- Salve a tutti – disse, venendo ricambiato.
- Come va? – chiese.
- Non troppo bene, Ragno – gli rispose Fenice, pensando a quello che era successo con la Covata – ma ora abbiamo altro a cui pensare. Non sappiamo come abbia fatto l’Alto Evoluzionario a rapire il professore e i tuoi amici.
- Chuck non è tipo che si lascia prendere alla sprovvista – intervenne Wolverine.

Westchester, Istituto per Giovani Dotati.
Nessuno sapeva che il corpo di Psylocke, la telepate ninja, non era più controllato da Betsy Braddock, la sua legittima proprietaria (bé, su quel “legittima” si potrebbe discutere ampiamente, ma questa è un’altra storia). Ormai era completamente in balia di
Amahl Farouk, l’entità detta Re delle Ombre, atavica nemesi degli X-men, e in particolare di Charles Xavier. L’aveva posseduta in un attimo di debolezza, ingannando tutti.
Aveva elaborato un piano per sopraffare il gruppo e l’occasione che gli si era presentata sembrava troppo ghiotta per essere vera. Tutti quelli che contavano non c’erano e la sua preda, Rogue, era lì con lui.
Entrò nella stanza della compagna di Psylocke, recitando la sua parte.
- Come stai? – le chiese.
- Non preoccuparti, sto bene. Mi dispiace solo di non essermi potuta aggregare gli altri e di averti bloccata qui.
- Ma no… mi hai fatto un piacere.
Sfruttando l’agilità e il potere di quel corpo, saltò addosso alla ferita impugnando una lama psichica. Rogue, completamente rilassata in quel contesto, non poté nemmeno rendersi conto di quello che stava succedendo. Poté solo sentire la lama penetrare nella sua testa e farle perdere i sensi.
”Bene… questa è fatta. Passiamo alla parte più importante del piano” pensò il Re. Si chinò sul corpo inerme di Rogue e le diede un lungo bacio sulla guancia. La mutante aveva la facoltà di assorbire, al tocco della sua pelle, i poteri e la psiche della persona con cui veniva a contatto. E Farouk lo sapeva bene. Sentì di essere risucchiato nel corpo di Rogue insieme alla Braddock. Quando il corpo di Psylocke cadde in coma sul pavimento, svuotato di tutto, il Re non perse tempo a impadronirsi del corpo di Rogue. Betsy cercò di combatterlo, ma inutilmente.
Nei recessi della sua psiche…
*Salve, ragazze… come va?* disse salutando le proiezioni mentali delle sue vittime. Rogue e Psylocke lo guardavano (o meglio, guardavano il suo avatar psichico) attonite.
*Farouk… cos’hai fatto? Cos’hai intenzione di fare?*
*Come al solito voi eroi siete sempre curiosi. Ma soddisferò questa vostra sete di conoscenza. Non appena i vostri compagni torneranno nell’istituto, sarà la fine per loro. Assorbirò le loro menti e i loro poteri. E con le mie facoltà psichiche, vi assicuro che ho il pieno controllo della «maledizione» di Rogue*.
Le due X-girls immaginavano con sgomento l’inquietante scenario descritto dal Re delle Ombre. Non solo avrebbe ottenuto i poteri degli X-men, ma avrebbe avuto tutte le loro menti in sua balia, lì, prigioniere dei più reconditi anfratti della sua mente, godendo dinanzi a loro della sua vittoria. Speravano solo che i loro compagni non si facessero ingannare.


Monte Wundagore, Transia.
Alfine, erano giunti a destinazione.
- Ora dobbiamo irrompere nella Cittadella - disse Spidey.
- E’ una parola… dovresti conoscere anche tu i suoi Nuovi Uomini – gli disse Wolvie.
- Non sappiamo come ci accoglieranno – intervenne Cable – ma prepariamoci. Non conosciamo né le intenzioni dell’Evoluzionario né quelle dei suoi lacchè.
Il Blackbird atterrò dolcemente nella valle sottostante al monte. Tempesta e Arcangelo volarono fino al castello dell’Evoluzionario; Nightcrawler vi si teleportò; l’Uomo Ghiaccio lo raggiunse con una rampa realizzata con i suoi poteri; Fenice e Cable usarono la telecinesi per portare sé e gli altri alle porte del castello.
Avvertito l’arrivo di intrusi, i Cavalieri di Wundagore non tardarono ad arrivare.
- Chi siete? Cosa volete? – chiese con tono altezzoso Sir Ram.
- Siamo gli X-men e l’Uomo Ragno. Dobbiamo assolutamente parlare con il tuo padrone, Cavaliere – gli rispose altrettanto decisamente Cable.
- Il padrone ha chiesto di non essere disturbato per nessun motivo, quindi mi dispiace, ma non potete vederlo – disse Lord Gator.
- Vi dico che è urgente. Non costringeteci a usare la forza – continuò Nate Summers.
Wolverine mostrò i suoi artigli. Tempesta avrebbe voluto risolvere la cosa pacificamente, ma Cable non sembrava voler battere quella strada. In un altro momento lo avrebbe fermato, ma allora non ne aveva proprio la forza e lo lasciò fare.
Proprio quando stava per scoppiare un’epica lotta tra le due fazioni, i nostri scomparvero dal campo di battaglia.

Disorientati da quel teletrasporto improvviso, si ritrovarono in un grandissimo laboratorio, al cospetto di colui con cui volevano parlare: l’Alto Evoluzionario.
- Benvenuti. Sapevo sareste arrivati… e devo congratularmi anche con Charles Xavier. E’ riuscito a superare i miei inibitori psichici e a lanciare il suo messaggio d’aiuto.
Gli X-men e l’Uomo Ragno si guardarono intorno. Charles Xavier, Ben Reilly, Mary Jane Parker e Gwen Stacy erano prigionieri di camere di stasi, collegati a tubi e cavi per scopi ignoti. Spidey rabbrividì nel vedere tre delle persone più importanti della sua vita in quelle condizioni.
- Liberali… tutti – sentenziò Cable.
- Quando avrò finito li riavrete – gli rispose a tono Wyndham.
- Che cosa gli sta facendo!? – gridò Tempesta, mentre le sue mani diventavano elettriche.
- Non vi consiglio di mettervi contro di me, umani. Posso fare ciò che voglio di voi.
- Ma a cosa diavolo possono servirti? – si chiedeva Peter Parker.
- Ragno, cos’hanno in comune questi quattro individui?
Spidey li guardò.
- Qualcosa che ha ossessionato la tua vita per mesi… sono tutti cloni. Avevo bisogno di studiare la loro natura. Lo sto facendo. Non vi è dato sapere altro.
Il Ragno e i mutanti si guardarono. Ognuno voleva sapere dall’altro perché erano “tutti cloni”, ma le spiegazioni non sarebbero arrivate.
- Non ve ne  andrete a mani vuote… non preoccupatevi.
Le camere di stasi si svuotarono di liquido, prima, e si aprirono, poi, lasciando libere di uscire le quattro cavie, che tossivano. Tutte staccarono cavi e tubi dai propri corpi e si alzarono… chi poteva: il paralitico Xavier arrancava sul pavimento. Quando si riambientarono, videro in che situazione assurda erano. Tra l’altro, erano tutti nudi, e cercavano di coprirsi le zone critiche con le mani.
L’Evoluzionario schioccò le dita e i quattro si ritrovarono asciutti e vestiti.
- Che non si dica che io non sia un dio misericordioso – proferì altezzosamente il potente scienziato.
Gli X-men corsero al cospetto di Xavier. Arcangelo prese il professore in braccio.
- Non preoccupatevi, ragazzi… va tutto bene – sussurrò loro.
L’Uomo Ragno invece andò a vedere come stavano gli altri. Mary Jane lo abbracciò.
- Peter… non immagini quanto mi sia spaventata.
- No, lo immagino, cara… voi state bene? – chiese, rivolgendosi a Ben e Gwen, che risposero con un cenno del capo. Poi disse: - Gwen… da quanto…
Peter non sapeva molto che dire. Il clone di Gwen aveva lasciato New York dopo la morte dello Sciacallo [v. L’UOMO RAGNO 192]; da allora non aveva più avuto sue notizie. Sarebbe potuta essere anche morta per la degenerazione tipica dei cloni.
- Vero, Peter…
- Dove sei stata tutto questo tempo?
- Vivo ad Atlantic City… faccio una vita semplice… mi faccio chiamare Helen Spacey, che ricorda un po’ il nome della madre di Gwen… e faccio la segretaria.
- Mi fa piacere che tu sia riuscita a costruirti una vita, dopo tutto quello che è successo. Ma ne parliamo fra due minuti, gli X-men se ne stanno andando e sul Blackbird potremo parlare.
- Aspettate – disse a voce alta Wyndham – ve ne andate così, senza salutare, senza neanche farmi divertire un po’?
Gli eroi si guardarono perplessi. Che diavolo voleva ancora?
Lo capirono quando improvvisamente l’Uomo Ragno e Ben Reilly levitarono. Con un gesto della mano, l’Evoluzionario li fece scontrare.
Mary Jane gridò. Dove prima ce n’erano due, adesso c’era un solo Peter Parker.
- Come vorrei poter studiare meglio questo caso – diceva soddisfatto Wyndham – tre incarnazioni diverse di un uomo in uno stesso corpo e in una stessa mente. Non mi era mai capitato di avere originale e clone nello stesso luogo… né di poter fare questo.
Il nuovo Peter Parker si accarezzava la testa, scosso. Aveva sentito le parole del semidio e si rendeva conto che non mentiva. Ora era “Peter Parker”, nelle sue più complete e diverse sfaccettature. Non era né Peter Parker, né Ben Reilly, né Kaine. Era “Peter”. In un certo senso, non si era mai sentito così bene, così completo, così... Ma presto quella sensazione di benessere finì, quando l’Alto Evoluzionario separò nuovamente Peter Parker da Ben Reilly/Kaine.
- Per quanto tu possa essere potente, non puoi giocare con la vita degli altri in questo modo! – gli gridava Mary Jane, che a malapena aveva capito quello che era successo.
- Hai ragione, donna. Devo scusarmi per il mio atteggiamento, che non si confà ad un dio. Ora potete andare, avete la mia autorizzazione.
Prima di andarsene, uno Spidey in stato confusionale si recò, con una certa soggezione, dall’Alto Evoluzionario.
- Non so cosa tu abbia in mente, ma se metterai ancora in pericolo i miei cari o se ti prenderai ancora gioco di me, non mi limiterò a farti una pacifica visita… spero di essere stato chiaro.
- Non mi fai paura, Ragno. Per niente. Ma capisco i tuoi sentimenti. Non preoccuparti, presto questo pianeta non rientrerà più nei miei interessi… ora vattene.
L’Uomo Ragno eseguì.

A bordo del Blackbird.
- … così, mentre camminavo, mi sono ritrovato a Wundagore, con Herbert Wyndham davanti. Ero un po’ spaesato. Un secondo dopo, ero semi-cosciente, in quella vasca,  e avevo grosse difficoltà a usare i miei poteri. Un grosso sforzo e ho capito chi erano i prigionieri accanto a me. Potevo fare un solo altro sforzo… un breve messaggio telepatico diretto ad un’altra persona… e ho scelto l’Uomo Ragno, mi sembrava il più coinvolto e il più adatto – spiegò Charles Xavier alla sua ciurma.
- Ma probabilmente è stato tutto inutile… l’Evoluzionario forse vi avrebbe liberato dopo l’uso, come ha fatto – commentò Colosso.
- Nel dubbio, meglio essere intervenuti – rispose Angelo.
- Perlomeno ha detto che lascerà la Terra, o qualcosa del genere – riferì Spidey.
- Già… un problema in meno – concluse la Bestia.

Intanto Ben Reilly e Gwen Stacy chiacchieravano con fervore da molti minuti, ormai. Erano entrambi cloni che avevano assunto nuove identità e si stavano facendo una vita. Un’esperienza che non potevano condividere con nessun altro. Come se non bastasse, il rivedere la ragazza risvegliava il giovane Peter Parker che c’era in Reilly… i ricordi ereditati dall’originale rendevano piacevole la compagnia della ragazza . Ma cercava di convincersi che non era lei.
- Sei sicura di non voler rimanere a New York? – le chiese audacemente.
- Ti prometto che ci penso, Ben. Ma avrei bisogno di un po’ per piantare baracca e burattini, una volta presa la decisione.
- Ti capisco pienamente… ma restiamo comunque in contatto, no?
Mary Jane ascoltava ed osservava divertita il dialogo tra i due. Che stesse per nascere qualcosa? Ma c’erano altri pensieri che la inquietavano. Doveva parlare con Peter, una volta a casa. Non prima di aver riabbracciato sua figlia.
Dopo discussioni varie, il Blackbird raggiunse New York.
- Allora, dove vi lasciamo? – chiese la Bestia, che pilotava il mezzo.
- Sul tetto di quel grattacielo, se non è di troppo disturbo – disse Spidey, indicando l’edificio in cui abitavano, la Wave Tower.
- No problem.
Gli eroi si salutarono e lasciarono i loro ospiti a destinazione.
La famiglia Parker entrò nel palazzo da una porta sul tetto e suonò al proprio appartamento. Gwen aveva raccolto la bionda chioma in un berretto e indossava un paio di occhiali da sole – il Blackbird era molto fornito – sperando di non essere riconosciuta. E Peter, ovviamente, aveva ripreso sembianze borghesi
- Ragazzi! Ma dove siete stati!?!? Ho dovuto prendere un ansiolitico per calmarmi! Non date notizie, i cellulari spenti… - gridava agitata zia Anne, aprendo la porta, con in braccio la piccola May.
- Zia, calmati – disse Mary Jane prendendo in braccio sua figlia – ora siamo qui.
La ragazza riuscì a liquidare sua zia, promettendole di raggiungerla all’albergo nel giro di mezz’ora e che le avrebbe spiegato tutto, chiedendole comprensione.
Entrarono tutti e si sedettero distrutti sui divani del soggiorno.
- Che giornata – sospirò Ben sprofondando.

- Ragazzi, allora… io andrei – disse timidamente Helen.
- Ok… ma mi raccomando, fatti sentire – le intimò Peter, dandole una banconota “per il biglietto del treno”.
Baci, abbracci, sguardi ambigui con Ben Reilly, e la ragazza lasciava casa Parker.
- Peter… ora che siamo soli… ti devo parlare – disse Mary Jane.
Il suo senso di ragno stava quasi pizzicando.
- Io me ne vado, e May viene con me – sentenziò la ragazza.
- Cosa? – si limitò a dire Peter sbarrando gli occhi. Anche Ben si mostrò colto alla sprovvista.
- E’ troppo pericoloso, stare qui, per noi. O almeno per lei… è così piccola. Prima il senatore Ward, poi Norman Osborn, poi Cletus Kasady, ora l’Alto Evoluzionario… anche se hai deciso di non essere più l’Uomo Ragno, ci vuole ancora tempo finché non ti lasci questa eredità alle spalle. Quando questo sarà successo, potremo stare ancora tutti insieme.
- Tu… non puoi parlare seriamente. Non puoi pensare di lasciarmi proprio adesso… non dopo tutto quello che ho…
- Lo faccio solo per May, Peter. Non pensare che non ti ami o che non sia una decisione sofferta.
Rimasero un attimo in silenzio.
- Arrivederci, Ben – disse rivolgendosi al ragazzo.
E con May in braccio, chiuse dietro di sé la porta di casa Parker.


Note al capitolo
Per seguire gli X-men e la trama del Re delle Ombre… non perdete “Gli Incredibili X-men”#4!